E’ stato un viaggio più politico che pastorale, quello di papa Bergoglio nelle americhe. Una politica terzomondista e anticapitalista, perfettamente coerente con l’origine sudamericana del Pontefice. Chi si aspettava un suo schierarsi, fuor di retorica, sui fronti caldi lasciati vacanti dall’Occidente è rimasto deluso. E’ stata dunque, in questo senso, un’occasione persa.

Due anni fa, con una veglia di preghiera a San Pietro, Francesco contribuì a scongiurare il decollo dei cacciabombardieri occidentali che intendevano dare la spallata finale al regime siriano di Bashar al Assad. Ovvero a colui che rappresentava, e ancora oggi nonostante tutto rappresenta, l’argine naturale all’avanzata dell’Isis. In quei giorni, papa Bergoglio fece politica sul serio. Scrisse a Putin, unico leader globale attivamente schierato con Assad, lo ricevette in Vaticano e con questi due gesti apparentemente innocenti schierò la Chiesa di Roma dalla parte di Damasco per evitare che, dopo la Libia, anche la Siria precipitasse in un caos propizio al diffondersi del Califfato islamico. Fu una scelta giusta, fu una scelta politica, fu una scelta anticonformista. Una scelta che l’Europa della Merkel e gli Stati Uniti di Obama allora non fecero ed oggi, resisi conto dell’errore, cercano di compiere a piccoli passi per non perdere del tutto la faccia.

Se, al Congresso americano prima e all’assemblea delle Nazioni Unite poi, Francesco avesse ripreso a dipanato i fili di quella sua scelta politica iniziale, avrebbe forse contribuito ad accelerare un processo diplomatico e militare dal cui esito dipende parte sostanziale della catastrofe migratoria in corso, essendo oggi i profughi siriani coloro che con più forza bussano alle porte d’Europa. Non l’ha fatto. Ha preferito il conformismo di una retorica pacifista e terzomondista. Ma alcuni passi delle sue “lezioni americane” sono apparsi falsi. Come conciliare i principi dell’accoglienza e della tutela delle diversità con la beatificazione, a Washington, di Junipero Serra? Il missionario spagnolo proclamato santo dal Papa, nel Settecento evangelizzò il Messico a colpi di frusta, sopprimendo con passione l’identità dei nativi americani e in alcuni casi i nativi stessi. Come conciliare i principi dell’accoglienza e della tutela delle diversità con l’elogio di Abramo Lincoln? Il celebre presidente americano era infatti un politico privo di scrupoli solito teorizzare l’inferiorità della “razza negra”.

Il Bene assoluto è storicamente irrilevante: non lascia traccia, non produce effetti se non la personale testimonianza. Ogni azione destinata a farsi Storia è fondata su una contraddizione. Ma pur contraddicendosi involontariamente nelle sue citazioni, il Papa non ha voluto contraddirsi nella sua azione “politica”. Si è mantenuto le mani pulite. E’ rimasto dialetticamente coerente con i dogmi del pacifismo radicale e dell’uguaglianza universale e nel farlo ha rimosso quell’iniziale scelta di campo siriana, condannandosi di conseguenza all’irrilevanza politica e abbandonando al loro destino milioni di profughi. Peccato.