Firenze, 18 agosto 2013 – Certo, non è facile far sentire la propria voce in una vicenda come quella egiziana. Vicenda tragica, complessa. Di quelle in cui si segnala in particolare l’assoluta incapacità degli Stati Uniti di capire quello che succede nel resto del mondo. Se balbetta Obama (eccome), certo non è facile contare qualcosa. Ma non contare proprio nulla mentre il fuoco arde sull’altra riva delMediterraneo, beh, fa venire il latte alle ginocchia e la mosca al naso.

Tristezza e rabbia. Povera Italia. Quando proprio facciamo la voce grossa, lanciamo degli appelli: «Siate bravi, non scannatevi». Aria fresca. Quando diventiamo operativi, sfoggiamo una diplomazia da Mediterranée, bloccando i voli per i villaggi vacanze. Quando ci capita di prendere posizione, peggio ancora: scegliamo immediatamente la parte sbagliata. Come con la cosiddetta primavera araba che affonda nel sangue del Cairo.

Per farla breve. Fino a qualche tempo fa avevamo l’alibi Berlusconi. Era lui che ci screditava, che faceva i versacci alla Merkel, che corteggiava la premier finlandese, talmente disabituata alle galanterie da farne un caso diplomatico.

E poi le donnine, i processi e tutto il resto. Insomma, lui era la nostra vergogna, e noi facevamo di tutto perché gli altri lo sapessero inondando i media stranieri delle nefandezze di quest’uomo e del nefando Paese che lo eleggeva.

Ora sono altri che governano, ma la musica non è cambiata, perché il Cavaliere non c’è più (forse), ma l’immagine dell’Italia è quella che ci siamo costruiti articolo dopo articolo. Risultato: Francia e Germania avviano una iniziativa europea per affrontare la crisi egiziana, ma a noi neppure un colpo di telefono.

Intendiamoci. Se noi facciamo ridere, l’Europa fa piangere. Ma almeno potremmo piangere tutti assieme. Perché la Merkel non è Adenauer, Hollande, come si vede a occhio nudo, non assomiglia affatto aDe Gaulle. Eppure l’asse franco tedesco regge, e il semiasse italiano sta a guardare. Allora, ci voltiamo indietro, e senza voler tornare alla lontana Sigonella (11 ottobre 1985), ultimo gesto di vera sovranità nazionale, quando Craxi disse no agli Stati Uniti che pretendevano la consegna dell’aereo su cui viaggiavano i terroristi dell’Achille Lauro, ci ricordiamo che era solo il 1999 quando il governo D’Alemaaderì da pari a pari alla missione Nato in Kosovo.

Una scelta coraggiosa, probabilmente sbagliata. Ma la scelta di un partner, di un alleato, non di uno spettatore. Una scelta politica, ovviamente. Che rende ancora più evidente come il nulla di oggi derivi proprio dal nulla della nostra politica.

Del resto, basta molto meno della crisi egiziana per verificarlo. Bastano i nostri marò, le missioni a vuoto di De Mistura, l’arroganza con cui un Paese che dovrebbe essere amico trattiene due soldati italiani. Insomma, il Cairo brucia e noi spariamo con la pistola ad acqua. Scolpendo nella pietra il nuovo motto della nostra politica estera: «Non contiamo nulla. Non contate su di noi»