SE DAVVERO da qui a fine anno arriveranno in Italia 200mila immigrati, come ipotizza il Viminale, la distribuzione nelle regioni italiane rischia di essere un’aspirina, non la terapia. Anche la proposta di farli lavorare può essere una pezza, ma non la soluzione. L’obbligo del lavoro per i richiedenti asilo, fra l’altro, non è previsto. Serve la volontarietà. Poi? Dopo che succede mentre le ondate di migranti continuano ad arrivare? Manca una visione d’insieme. Il sistema dell’accoglienza scricchiola, la tolleranza dei cittadini vacilla, i prefetti faticano ad imporre ai comuni la distribuzione dei profughi. Perfino regioni ‘insospettabili’ come il Friuli Venezia Giulia a conduzione Pd tirano il freno a mano ipotizzando scarsità di posti. Se lo dicono la Lombardia e il Veneto però scatta l’accusa di razzismo. A Ravenna, città rossa della rossa Emilia, 2mila cittadini hanno presentato una petizione per evitare l’insediamento di un centro immigrati sulla costa, a Marina Romea.

MENTRE l’Onu gira intorno, con i tempi dell’Onu che non sono quelli della realtà, ad una ipotetica operazione di polizia internazionale, sul fronte dell’accoglienza serve una svolta definitiva e di fantasia, chiamiamola così. Perché il problema è europeo, ma i profughi sono solo a destinazione Italia. Già, uno dice: ma tanto una parte di loro appena può cerca di andare verso Francia e Germania. Bene, quindi è ora di prendere coraggio e afferrare per il bavero l’Europa. Il problema ce lo dividiamo subito da buoni fratelli: le navi di Triton che raccolgono i naufraghi li distribuiscono in Croazia, a Capodistria in Slovenia, a Siviglia e Barcellona in Spagna, a Marsiglia in Francia. Ottimi porti in grado di accogliere i disperati dei barconi come succede a Pozzallo in Sicilia e negli altri approdi della speranza per chi affronta il mare partendo dalla Libia. Idea provocatoria? Sarà anche così, ma è evidente che non siamo più in grado di reggere l’assalto. Nelle pieghe delle follie italiche nel frattempo spunta, tanto per complicare le cose, un articolo della legge sulla tortura (approvato alla Camera e in discussione al Senato) che impedisce di rimpatriare tutti coloro che provengono da Paesi dove non sono rispettati i diritti umani o ci sono discriminazioni religiose. Come dire porte spalancate a tutti.

Beppe Boni