PER ORA ci siamo divisi i compiti: le navi tedesche, irlandesi, britanniche che danno una mano a quelle della nostra Marina e Guardia costiera nel Mediterraneo imbarcano i migranti in arrivo dalla Libia, mentre all’Italia tocca accoglierli tutti. Semplice no? Duemila solo ieri, altre migliaia nei giorni scorsi, ormai si perde il conto. La reazione, certo provocatoria, dei governatori di Lombardia, Liguria e Veneto è l’effetto non la causa di un caos che non vede sbocchi, del menefreghismo dell’Europa, di una fragile posizione dell’Italia che mette il nodo immigrazione sempre indietro in agenda facendolo precedere dall’Italicum, dall’analisi del voto regionale, dal caso Grecia. Ed è anche la reazione a numeri da paura: il governo prevede oltre 200mila arrivi da qui a fine anno. Le regioni di centrosinistra vivono lo stesso disagio ma frenano nelle dichiarazioni. L’errore è stato arrivare a un punto tale da provocare reazioni come quelle della Lombardia. E il caos immigrazione consente poi a bande criminali come quelle di Carminati e soci di mettere in piedi una rete per lucrare sui profughi. Al G7, fra l’aplomb di Barack Obama e i sorrisi di Angela Merkel, l’allegra compagnia non ha speso una parola su un problema che coinvolge l’equilibrio dell’Africa e quello dell’Europa. Silenzio e coperti. Solo a margine il premier Renzi ha affrontato il tema. «Non si può andare avanti così», ma lo sapevamo già, poi il solito appello all’Europa. L’Onu? Missing in action, disperso in azione. Molte promesse, ma nulla di concreto.

TUTTI girano intorno al punto che dovrebbe essere invece in testa all’ordine del giorno: vanno bloccate le partenze dalla Libia con una operazione di polizia internazionale guidata dall’Italia. Se il nostro Paese è costretto a essere capofila dell’accoglienza forzata per tutti i soci del club Europa, allora deve anche condurre il gioco per risolvere una situazione ormai insostenibile. Quando si trattò di seguire scelleratamente la Francia per abbattere Gheddafi non ci furono incertezze. Si agì. Con operazioni coperte e con l’uso della forza che ogni Stato può legittimamente utilizzare se inserito in una alleanza internazionale. Il Parlamento italiano è disponibile, il Paese reale è d’accordo. Serve un’azione politica e diplomatica forte che vada oltre la conta quotidiana e le baruffe fra Governo, prefetti, sindaci e governatori delle Regioni.

Beppe Boni