Di Lorenzo Bianchi

Profughi afgani, iracheni, siriani, yemeniti, africani lanciati verso il confine polacco e contro l’Unione Europea come armi improprie. Aljaksandr Lukašėnka rivendica l’aggressione realizzata con mezzi inediti, ma il dittatore bielorusso che ama farsi chiamare Bat’ka, “Papà”, non farebbe nulla se non fosse sostenuto con determinazione dal presidente russo Vladimir Putin. Al caos dei migranti l’autocrate di Minsk ha aggiunto la minaccia di interrompere il flusso di gas siberiano che rifornisce la Polonia e La Germania con il gasdotto Yamal-Europe. “Garantiamo – ha detto – calore all’Europa e loro minacciano di chiudere la frontiera. E se interrompiamo l’erogazione di gas naturale lì?”  Putin ha detto di non saperne nulla: “Non me ne aveva fatto parola … lo sentirò per capire se sono cose dette nella concitazione del momento”. Gazprom, la compagnia statale russa proprietaria dei tubi, ha fatto l’esatto contrario e dal 10 novembre ha aumentato le forniture. Il 17 novembre la Bielorussia ha interrotto il flusso di petrolio verso la Polonia nell’oleodotto Druzhba, ufficialmente per una manutenzione che dovrebbe durare tre giorni e che non dovrebbe provocare carenze grazie al greggio stoccato nell’impianto. L’Unione Europea ha aggiunto un nuovo pacchetto di sanzioni a quelle già in vigore contro 150 individui e una quindicina di società bielorusse legati al regime. Verrà colpita la compagnia aerea di Minsk Belavia. Dei trenta velivoli della sua flotta 17 sono in leasing tramite compagnie aeree private con sede in Irlanda. Secondo il portale d’informazione bielorusso “Zerkalo”, solo nel 2020 Belavia e la compagnia aerea irlandese di leasing AerCap hanno firmato un contratto di locazione per la fornitura di tre aeromobili Embraer E195-E2 di nuova generazione e 3 Boeing 737 Max, il primo dei quali è stato consegnato quest’anno.

La Polonia comincerà subito a costruire un muro sul confine con la Bielorussia. Il ministro dell’interno Mariusz Kaminski ha spiegato che varie aziende lavoreranno contemporaneamente su quattro sezioni 24 ore al giorno con personale impegnato su tre turni. Per giovedì 18 novembre l’Iraq ha organizzato un primo volo di rientro dei suoi cittadini su base volontaria. Ma Lukašėnka ha precisato che “nessuno vuole ritornare lì”. Dagli Usa è rimbalzato l’allarme per un aumento sospetto di truppe di Mosca sul confine con l’Ucraina segnalato dalla Cia.

Nella notte fra mercoledì e giovedì 11 novembre sono stati respinti 150 profughi che hanno tentato di forzare la frontiera fra la Bielorussia e la Polonia. Il capo dello stato bielorusso ha tenuto a precisare che a ridosso del confine è riuscito ad ammassare almeno 1790 disperati (nella foto). Il giorno prima, sempre di notte, in centinaia avevano sfondato le recinzioni di tagliente filo spinato ed erano entrati nel  territorio polacco vigilato da quindicimila soldati. Sono sati sparati colpi di arma da fuoco in aria, sembra da tutte e due le parti del confine. Cinquanta profughi sono stati arrestati. Gli altri sono stati respinti in Bielorussia.

Il ruolo di Putin comincia a emergere con chiarezza. Due bombardieri russi Tupolev Tu-22M3, caccia supersonici a lungo raggio in grado di caricare testate nucleari, hanno pattugliato lo spazio aereo bielorusso. La Televisione “Belsat” ha dato la notizia che il 20 ottobre è stato prolungato di 25 anni l’accordo per il dispiegamento di strutture militari russe in Bielorussa. L’intesa riguarda il completamento della costruzione di un sistema di allerta antimissile a Baranavichy e la manutenzione della stazione radio di Vileyka. L’8 novembre il ministro bielorusso per l’energia Viktar Karankevich e il direttore generale della compagnia russa Rosatom Aleksei Lihachev hanno sottoscritto a Mosca un documento di cooperazione per il trasporto di materiale nucleare in vista della costruzione di una centrale atomica in Bielorussia. L’ultimo tocco ai rapporti di stretta alleanza è stata la firma, il 9 novembre, di un protocollo sui prezzi del gas russo nel 2022. Lo hanno sottoscritto il ministro dell’energia bielorusso Viktar Karankevich e il suo parigrado russo Nikolai Shulginov. Nel documento non ci sono ancora cifre. Verranno scritte dal colosso energetico russo Gazprom in un testo che sarà concordato in seguito.

Il premier polacco Mateusz Morawiecki ha accusato Aljaksandr Lukašėnka di “terrorismo di stato” e Vladimir Putin di essere “la mente” che sta dietro l’escalation dei profughi. Nella terra di nessuno fra la Polonia e la Bielorussia, nel gelo con pochissime tende e sacchi a pelo e inutili pezzi di legno accesi per tentare di riscaldarsi, si sarebbero ammassati 2000 disperati. Sono arrivati con un ponte aereo dalla Turchia, dalla Siria, dagli Emirati Arabi Uniti, dall’Azerbaijan e dall’Africa. Hanno pagato da 10 a 15 mila euro a tour operator che promettevano la meta più agognata, l’Europa, in particolare la Germania. Qualcuno arrivato in Polonia attraverso il valico di Kuznica ha raccontato di essere stato portato con un pulman fino al bosco e poi lasciato dai bielorussi che lo avevano munito di tronchesi per tagliare il filo spinato. Chi ha tentato di tornare indietro è stato malmenato dai poliziotti di Minsk. Per una curiosa ironia della sorte la Polonia sottoposta a sanzioni della Ue per riforme sospettate di minare l’indipendenza dei giudici ora è in prima linea nel respingere un’offensiva contro l’Unione Europea. Bruxelles è decisa a varare un nuovo pacchetto di sanzioni contro Minsk. Prima di tutto verrebbero revocate le facilitazioni per la concessione di visti di breve durata in vigore dal primo luglio 2020. Gli sherpa comunitari hanno messo a punto anche misure che penalizzano il dittatore bielorusso, 28 alti papaveri del suo regime e le compagnie aeree coinvolte nel trasferimento dei migranti dai teatri di crisi.

Il ministro degli esteri russo Serghei Lavrov sarcasticamente ha fatto notare che la “radice del fenomeno è la politica condotta dai Paesi occidentali, inclusa la Nato e gli stati membri della Ue, nei confronti del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale”. Come al solito la cancelliera tedesca Angela Merkel ha tentato di coinvolgere il presidente russo. Un passo che non ha voluto tener conto del fatto, ricorda “Radio Free Europe Radio Liberty”, che il capo dello stato bielorusso si è consultato regolarmente con Putin nell’ultimo anno, sia in numerosi incontri di persona sia per telefono. In una conversazione telefonica trasmessa dalla TV di stato russa il 4 novembre, Putin si è impegnato a sostenerlo contro le “ingerenze” straniere e ha elogiato le relazioni tra i paesi ex-sovietici. “Insieme resisteremo a qualsiasi tentativo di interferire negli affari interni dei nostri stati sovrani e la Russia continuerà ovviamente a fornire assistenza al fraterno popolo bielorusso, non c’è dubbio su questo”, avrebbe detto il presidente russo.

Millecinquecento militari delle truppe d’assalto russe schierati nel poligono Bretsky, sul confine con la Polonia, sono stati per ora la migliore stampella politico – militare di Aljaksandr Lukašėnka L’operazione “Fratellanza Slava” è cominciata lunedì 14 settembre 2020 con l’arrivo dei soldati della 76° divisione aerotrasportata di stanza a Pskov, dotati di “speciale tecnologia da combattimento”. Il ministro della difesa russo Serghej Shoigu ha annunciato nuove manovre militari che rientrano in un pacchetto di 130 attività congiunte. “Purtroppo – si è rammaricato il responsabile delle forze armate di Mosca – il programma è stato eseguito solo al 30 per cento. Abbiamo bisogno di arrivare al 70 entro la fine dell’anno”.

 

Il pugno di ferro di Lukašėnka continua a strangolare l’opposizione interna. Il 7 settembre scorso è stata condannata a undici anni di carcere Maria Kolesnikova, 38 anni, flautista e insegnante di musica, una delle tre donne che hanno avuto il coraggio di sfidare il presidente bielorusso nelle elezioni, stravolte da brogli secondo l’opposizione, che si sono tenute il 9 agosto del 2020. Maria è la moglie di Viktor Babariko, un possibile candidato alternativo arrestato prima della consultazione elettorale. Dieci anni di carcere sono stati affibbiati a Maxim Znak, esponente  del consiglio di coordinamento degli avversari di Lukašėnka e avvocato della leader dell’opposizione Svjetlana Tikhanovskaja. Entrambi sono stati giudicati colpevoli di”cospirazione per prendere il potere con metodi incostituzionali”,  di “creazione e direzione di un’organizzazione estremista” e di “istigazione ad azioni aventi l’obiettivo di danneggiare la sicurezza nazionale”. Maria Kolesnikova era stata arrestata il 7 settembre del 2020 nel centro di Minsk da uomini in borghese e portata il giorno dopo al confine con l’Ucraina dove aveva strappato il suo passaporto per evitare di essere deportata nel Paese confinante. Il marito di Svjetlana Tikhanovskaja Serghei è stato condannato a 18 anni di carcere il 14 dicembre 2021 dal trbunale di Gomel. Il processo a porte chiuse è stato celebrato nel carcere di detenzione preventiva SIZO-3 .

Il 5 agosto di quest’ anno Lukašėnka aveva fatto dirottare verso l’aeroporto di Minsk il volo Ryanair FR4978 decollato da Atene che avrebbe dovuto atterrare a Vilnius, la capitale della Lituania. Sull’aereo c’era Roman Protasevič 26 anni, già direttore del canale televisivo”Nexta”, un raro media di opposizione nel regno del dittatore. Un  caccia Mig 29 ha affiancato il velivolo della compagnia  low cost britannica. Il ministro dei Trasporti bielorusso Artiom Sikorski ha sostenuto che una e mail dei radicali islamici palestinesi di Hamas indirizzata all’aeroporto di Minsk minacciava di far saltare in aria il velivolo se l’Europa non avesse smesso di “appoggiare Israele”. Hamas ha immediatamente smentito l’accusa definendola “oltraggiosa”. Oltre a Roman Protasevič è finita in cella la sua fidanzata russa Sofia Sapega, 23 anni, che è stata immediatamente condannata a due mesi di carcere in un centro di detenzione preventiva del Kgb, l’intelligence di Minsk, per “crimini penali” commessi nei mesi di agosto e di settembre del 2020. Tre passeggeri sono scesi a Minsk e non sono risaliti sull’aereo quando è ripartito per Vilnius. Il proprietario di Ryanair O’Leary è convinto che fossero «agenti segreti» bielorussi. Roman Protasevič è riapparso in un video della tv di stato “Bel Tele Radio Company” nel quale ha dichiarato: “Sono nella struttura di detenzione preventiva n. 1 a Minsk (ndr. di via Valadarski). Posso affermare di non avere problemi di salute, incluso il cuore o qualsiasi altro organo. L’atteggiamento del personale qui è il più corretto e conforme alla legge».  Il dissidente ha aggiunto che intende «continuare a collaborare con l’indagine» e ha confessato la circostanza di aver “organizzato disordini di massa a Minsk». Le tracce delle violenze che ha subito sono rimaste. La madre Natalia, fuggita con il marito Dmitry in Polonia, le ha descritte con dolorosa precisione:  “Anche sotto il trucco, si può notare una sfumatura gialla, probabilmente abrasioni coperte con la cipria. Sul collo sono evidenti segni iniziali di strangolamento, violenze tese a fargli confessare prove a suo carico. Quanto alle sue dichiarazioni, le ha lette da un foglio, oppure è stato costretto ad impararle a memoria”.

Anche Sofia Sapega sul canale Telegram “Prugne Gialle”, vicino al governo di Minsk, ha ammesso di essere stata la responsabile del sito “Libro nero della Bielorussia” che ha pubblicato informazioni personali dei dipendenti del Ministero degli Interni”. Nella repressione di qualsiasi forma di dissenso rientra anche  la fine misteriosa dell’attivista Vitalij ShiShov, 27 anni, fuggito a Kiev nell’autunno del 2020. E’ stato trovato impiccato in un parco vicino alla sua abitazione. Appassionato di boxe, era andato a correre nel giardino. La compagna Bojena Jolud ha lanciato l’allarme. A Kiev aveva fondato “Casa Bielorussia in Ucraina” per aiutare gli esuli come lui. Secondo Jurij Shchuchko, un amico, aveva il naso rotto. La polizia smentisce, descrive lesioni compatibili con una caduta, ma ha comunque aperto un’inchiesta per omicidio premeditato.

La capofila dell’opposizione Svetlana Tikhanovskaya,  37 anni, insegnante di inglese,  moglie del blogger dissidente Serghej recluso dal 29 maggio 2020, costretta a fuggire in Lituania subito dopo il voto di agosto dell’anno scorso che avrebbe confermato Lukashenko con il 79,23 per cento dei consensi, ora è accusata di terrorismo. Le si contesta di aver avuto l’intenzione assieme ad alcuni appartenenti al gruppo “ByPol”, ex agenti di polizia transitati nel campo del dissenso, di piazzare esplosivi  e di organizzare attacchi incendiari a Minsk e nella vicina Barysau. Le nuove imputazioni sono state annunciate trionfalmente dal procuratore generale Andrey Shved dopo un arresto. Shved  ha dichiarato che “il cittadino Maleychuk è stato colto in flagrante e ha già dato testimonianza sulle menti dell’attacco terroristico e su coloro che hanno partecipato al progetto”. A Tikhanovskaya erano stati attribuiti anche “crimini contro il funzionamento delle istituzioni, contro la pubblica sicurezza e contro lo stato”. La Bielorussia aveva anche chiesto alla Lituania di estradare l’imputata. La risposta è stata un secco no. La demolizione dell’oppositrice con il tritacarne della giustizia  è ormai a uno stadio avanzato. Subito dopo la sua fuga, ricorda “Radio Free Europe Bielorussia”, il regime aveva pubblicato un video nel quale Svetlana Tikhanovaskaja  invitava i bielorussi a “cessare le proteste” e affermava “la gente ha fatto la sua scelta”. Allora la leader dell’opposizione accennò a “minacce alla mia famiglia”. Oggi definisce il suo Paese “la Corea del Nord dell’Europa”e sostiene che “il regime fuori controllo è una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale”.