Di Lorenzo Bianchi

Abu Ibrahim al Hashimi al Quraishi, 45 anni, era l’emiro della terza stagione del sedicente Stato Islamico di Iraq e Sham ( la parola araba che indica il Levante e che che comprende Siria e palestina), quella dei piccoli nuclei di combattenti sparsi nel deserto siriano e iracheno centro settentrionale e nei centri minori della stessa fascia di territorio fra Iraq e Siria settentrionale nella quale l’Isis aveva instaurato una sorta di entità statale. Dopo la mezzanotte di mercoledì due febbraio cinquanta teste di cuoio statunitensi si sono presentate davanti alla casa di al Quraishi ad Atmeh, una cittadina della Siria settentrionale della provincia di Idlib che confina con la Turchia ed è ancora presidiata dall’Isis e da altre milizie qaediste. La palazzina di tre piani (nella foto), vicina a un campo profughi, era a poche centinaia di metri dal confine con la Turchia e da una postazione fissa di militari di Ankara. Quattro elicotteri sono decollati dalla ex base statunitense di Kharab Ishik a est di Kobane, la città simbolo della resistenza curda all’Isis. la struttura è stata abbandonata nel 2019. Le forze speciali americane hanno fatto uscire una famiglia che abitava al secondo piano, una coppia e 4 bambini, gli inconsapevoli scudi umani del capo dell’Isis. Al terzo l’emiro si è fatto esplodere assieme alla moglie e ai due figli. La violenza della deflagrazione, raccontano gli ufficiali di Washington, ha proiettato i corpi senza vita all’esterno dell’edificio. Dal secondo piano sono stati bersagliati da colpi di arma da fuoco. Li esplodevano il vice di Quraishi e la moglie. Le teste di cuoio sono entrate nell’alloggio e hanno freddato la coppia e un figlio. Altri quattro piccoli sono stati portati in salvo.

Uno dei quattro elicotteri che hanno trasferito le forze speciali ad Atmeh ha avuto un guasto ed è stato distrutto. Lo stesso incidente è accaduto al commando che nel 2011 uccise Osama Bin Laden. Il principe del terrore viveva indisturbato ad Abbottabad a poche centinaia di metri da una sede dell’ Accademia militare pachistana. Sul capo di Quraishi, più conosciuto con il titolo religioso di Haji Abdullah, pendeva una taglia di 10 milioni di dollari. Avendo saputo che nella palazzina abitavano molti bambini il presidente americano Joe Biden, al quale erano state mostrate anche piccole copie della casa, aveva deciso di non bombardarla con aerei o con droni e di percorrere la strada, di gran lunga più pericolosa, di un intervento a terra delle teste di cuoio.

Mentre raccoglievano le impronte di Quraishi e il suo dna, i militari sono stati attaccati da un commando. Due assalitori sono stati fulminati. Secondo i soccorritori locali degli “Elmetti Bianchi” le vittime sono state in tutto 13, fra le quali 6 bambini e 4 donne. Dopo tre ore i soldati statunitensi sono saliti sui tre elicotteri rimasti a loro disposizione. I curdi li hanno ringraziati. Il portavoce delle Forze Democratiche Siriane Farhad Shami su twitter ha accusato la Turchia di aver protetto Quaraishi. Il 21 gennaio, ha ricordato, L’Isis ha assaltato la prigione Al Sinaa di Ghweiran, un paio di chilometri a Sud della città di Hassakah, nel Nord-Est della Siria. Decine di jihadisti sono riusciti a darsi alla macchia. Centoventi persone (ma altre fonti ipotizzano che le vittime siano state 500) hanno perso la vita. Solo il 26 gennaio e con l’appoggio degli elicotteri Apache americani i curdi hanno ripreso il controllo dell’area.

Ely Karmon, senior research scholar presso l’Istituto di Contro Terrorismo di Herzliya, una città vicina a Tel Aviv, rileva che Atmeh è un’area nella quale è molto forte la presenza di Hay’at Tahrir al Sham (in sigla Hts), un gruppo di ex qaedisti, e anche di altre formazioni jihadiste appoggiate dai turchi, Secondo alcune fonti nella notte fra il 3 e il 4 febbraio Hts ha bloccato tutti gli accessi al posto nel quale le forze speciali statunitensi hanno cercato di catturare il capo dell’Isis. C’è da chiedersi, annota Karmon, se la compagine di combattenti fosse stata informata in anticipo o se abbia fornito informazioni che hanno consentito l’operazione. L’esperto israeliano cita anche uno studio di AaronY, Zelin, ricercatore all’Istituto di Washington per il Vicino Oriente, secondo il quale Hts e il suo capo Abu Muhhamad el Jawlani negli ultimi 12 – 24 mesi hanno cercato di conquistare il favore degli Stati Uniti per essere cancellati dalla lista delle formazioni terroriste. In un’intervista rilasciata nella primavera dell’anno scorso  l’ex rappresentante speciale degli Stati Uniti in Siria James Jeffrey ha parlato di suoi contatti con Hts (naturalmente riservati e non ufficiali) durante il suo servizio al Dipartimento di Stato sotto la presidenza di Donald Trump e ha aggiunto che dall’agosto 2018 il capo di Hay’at Tahrir el Sham Abu Muhammad  el-Jawlani non è più nel mirino degli Stati Uniti.

Secondo l’agenzia “Reuters” Abu Ibrahim al Hashimi al Quraishi sarebbe il nome di battaglia di Mohammed Abdul Rahman al Mawli, nato nel 1976 a Muhallabiya, una cittadina abitata principalmente dalla minoranza turkmena irachena a ovest di Mosul, la merropoli dell’Iraq settentrionale. Il padre era un muezzin al quale due mogli avevano dato sette figli. Ai tempi di Saddam Hussein militava nel partito unico del regime, il Baath, e si specializzò in orientamento religioso e in giurisprudenza islamica (per questo motivo era noto anche come “il giudice”). Dopo la caduta del dittatore, come molti ex baathisti, sarebbe confluito nella guerriglia sunnita, prima con “Ansar al Islam” (I Sostenitori dell’Islam) e poi con altri gruppi qaedisti. Nel 2008 era stato catturato dagli americani a Mosul e rinchiuso a Camp Bucca, una prigione che diventò la fucina del jihadismo iracheno.

Lì avrebbe incontrato il leader dell’Isis Abu Bakr al Baghadi che fin da allora lo avrebbe scelto come suo successore. Nel 2014, l’anno nel quale l’Isis conquistò Mosul e in novembre in una moschea della città al Baghadi si proclamò “Guida dei credenti”, Quraishi, avrebbe ispirato la trasformazione delle donne yazide in schiave e, secondo funzionari statunitensi, sarebbe stato la “forza trainanate” del genocidio di quella minoranza insediata nel Sinjar iracheno, l’area montuosa vicina al confine settentrionale con la Siria.

Sotto la guida di Quraishi l’Isis è diventato un punto di riferimento per altri gruppi sparsi in tutto il mondo. Sono le Province, le “Wilaya”, da quella afgana di Khorasan (l’antico nome della parte orientale dell’impero persiano che comprendeva anche l’Afghanistan , il Tagikistan, il Turkmenistan e l’Uzbekistan) che ora sfida i Talebani, ai gruppi combattenti del Congo, del Mozambico settentrionale e di diversi Paesi del Sahel africano.