Di Lorenzo Bianchi

Golpe. La parola fatidica esce dalla bocca del presidente kazako Kassim Jomart Tokayev, 68 anni, un ex ambasciatore dell’Urss abituato a un linguaggio più sfuggente. I militari russi che si sono schierati nel Kazakistan squassato dalla rivolta del 4 e del 5 gennaio cominceranno a ritirarsi fra due giorni e completeranno l’operazione entro dieci. Il presidente russo Vladimir Putin conferma, senza indicare date, che lo schieramento di 2030 soldati e di 250 veicoli mandati dall’alleanza Csto, della quale fanno parte la Russia, il Kazakistan, l’Armenia, il Kirghizistan, il Tagikistan e l’ Uzbekistan, è “limitato” nel tempo. Tokayev si sente confortato da un controllo completo del Paese. “L’ordine  è stato pienamente ristabilito in Kazakistan” ha garantito in video conferenza alla Csto . Resta da capire che cosa sia successo fra il pomeriggio del 4 gennaio e la mattina del 5 quando la polizia si è segnalata per le sua inerzia ad Almaty, la capitale economica e finanziaria del Paese.

Tokayev ora sembra del tutto certo del suo potere. Ha nominato capo del Consiglio per la sicurezza nazionale l’ex dirigente della guardia presidenziale Yermek Sagimbayev, sottraendo formalmente a Nazarbayev, l’ultimo ruolo che gli era rimasto dopo che aveva lasciato il vertice dello stato nel 2019. Non contento, ha conferito l’incarico di primo ministro a Alikhan Smailov,49 anni, che fu per quattro anni assistente dell’ex padre – padrone del Paese Nursultan Nazarbayev, già primo segretario del partito comunista e poi presidente per trenta anni, fino al 2019. In quell’anno Smailov fu nominato vicepremier, il primo gradino di una fulminea carriera che lo ha portato poi al vertice del ministero delle finanze, e di recente all’incarico di primo ministro ad interim.

Adesso il capo dello stato Tokayev critica apertamente il suo antico mentore e protettore. Lo accusa di aver creato una casta di “persone ricche anche per gli standard internazionali”.  A causa del primo presidente, Elbasy (Capo della Nazione, ndr), “è apparsa – spiega – nel Paese una casta di società molto redditizie, di persone molto ricche. Penso che sia giunto il momento di rendere omaggio al popolo”. Secondo il presidente le elite che “nell’ombra” hanno “grandi fondi”, così come le grandi aziende, ora dovranno finanziare un ente che li destinerà alla popolazione. Tokayev ha annunciato sempre oggi di aver intenzione di porre fine al monopolio privato sul riciclo dei rifiuti, legato alla figlia più giovane di Nazarbayev, Alia, 41 anni. Un’altra figlia, Dinara e il marito Timur Kulibayev, che sono tra le persone più facoltose del Kazakistan, controllano la grande banca “Halyk” e hanno un peso significativo nel settore petrolifero. Alla maggiore Dariga, presidente del Parlamento, sono stati attribuiti importanti interessi commerciali.

Il Kazakistan e’ il piu’ importante produttore di petrolio dell’Asia centrale, detiene un dodicesimo delle riserve mondiali accertate e ha prodotto circa 1,8 milioni di barili al giorno nel 2020. Non solo. Dopo la Russia è il secondo fornitore planetario di greggio ed è uno dei dieci Paesi che hanno dato vita all’OPEC, il cartello petrolifero a guida saudita. Secondo la Banca Mondiale gli idrocarburi hanno costituito il 21% del suo Pil nel 2020. La piu’ grande impresa petrolifera del Kazakistan, Tengizchevroil (TCO), sta gradualmente aumentando la produzione per raggiungere livelli normali nel campo di Tengiz. Si temeva che la produzione di petrolio ne venisse seriamente colpita, ma diversi analisti hanno escluso questa ipotesi.

Lo Stato asiatico ospita la base spaziale di Baïkonour vitale per Mosca. Ai 2500 soldati russi se ne sono aggiunti subito 500 bielorussi.  Il  Kirghizistan ha acceso il semaforo verde allo schieramento di 150 uomini in divisa. La spedizione ha il compito di proteggere siti strategici ad Almaty e nella capitale Nur Sultan, la antica Astana. Sono circolate voci su un assalto alla casa della figlia di Nazarbayev Dariga, insediata dal padre alla presidenza del Senato. Avere conferme è quasi impossibile perché sono stati bloccati internet e i telefonini. Il 6 gennaio l’ex capo dell’Intelligence kazaka “Knb” Karim Masimov è stato arrestato con l’accusa di “alto tradimento” e rimosso. La stessa sorte è toccata a tre suoi vice. Sono Asamat Abdymomunov, Bakytbek Koszhanov e Askar Amerkhanov.

Tokayev, scialbo successore di Nazarbayev che però di fatto continuava a comandare nell’ombra, il giorno di capodanno aveva acceso il classico cerino nella polveriera annunciando di aver liberalizzato i prezzi del gpl usato dalla stragrande maggioranza dei kazaki. Al grido “svegliati Kazakistan” la ribellione è dilagata dalle città dell’oro nero del Mangystau (nella foto l’assalto a un edificio di Aktau, il capoluogo) affacciato sul mar Caspio fino alla roccaforte della finanza Almaty e alla capitale Nur Sultan che ha lo stesso nome dell’ex padre padrone del Paese. Nella notte fra il 5 e il 6 gennaio decine di manifestanti hanno cercato di fare irruzione in edifici amministrativi di Almaty. Gli ospedali 1 e 7 sono stati circondati da uomini in armi. Dal municipio si sono alzate dense colonne di fumo. Diversi contestatori sono penetrati nell’aeroporto impossessandosi di 5  aerei, uno dei quali straniero. Una statua di Nazarbaiev è stata abbattuta a Taldykorgan con un’azione che a molti ha ricordato la faticosa distruzione del monumento simile dedicato a Saddam Hussein a Bagdad. L’unica differenza era che gli iconoclasti kazaki intonavano l’inno nazionale. A Taraz, la sesta città del Paese, sono state incendiate tre stazioni e 50 veicoli della polizia. Gli agenti e i militari uccisi sono diciotto. Due sarebbero stati decapitati.  Saltanat Azirbek, una portavoce della polizia, ha dichiarato che “gli attaccanti sono stati eliminati a decine e si cerca ora di stabilire la loro identità”. Le  autorità calcolano che i morti sono stati 164 e gli arrestati poco meno di 8000. Duemiladuecento persone hanno riportato ferite. Secondo Konstantin Kosachev, presidente della Commissione esteri del Consiglio federale russo, la Camera alta, fra i dimostranti si sono infiltrati miliziani di gruppi armati che operano nel vicino Medio Oriente, soprattutto in Afghanistan.

Tokayev ha annunciato alla televisione di stato“Khabar 24” che non ha alcuna intenzione di fare le valigie e ha proclamato uno stato di emergenza di due settimane, parlando in russo a una popolazione che al 70 per cento è turcofona. Ai militari ha ordinato di sparare  senza preavviso contro chi scende in piazza. “La mia idea di base – ha spiegato – è nessun dialogo con i terroristi, dobbiamo ucciderli”. Per calmare le acque però ha licenziato il primo ministro Askar Mamin e ha promesso di ripristinare i limiti del prezzo del gpl, della benzina, del diesel e di altre merci “socialmente importanti”.  Non contento, ha nominato capo del Consiglio per la sicurezza nazionale l’ex dirigente della guardia presidenziale Yermek Sagimbayev, sottraendo formalmente a Nazarbayev, l’ultimo ruolo che gli era rimasto dopo che aveva lasciato il vertice dello stato nel 2019. Anche Tokayev crede di scorgere “lo zampino di potenze straniere in quello che sta accadendo”. Per questa ragione ha sollecitato l’intervento di Mosca. Sono circolate voci su un assalto alla casa della figlia di Nazarbayev Dariga, insediata dal padre alla presidenza del Senato. Avere conferme è quasi impossibile perché sono stati bloccati internet e i telefonini.

L’oscuramento della rete ha travolto anche i bitcoin. La cripto valuta ha perso di colpo l’8 per cento del valore nel Paese che era la sua piazza più importante dopo gli Usa. La Lufthansa ha interrotto il collegamenti fra la Germania e il Kazakistan. La televisione “Khabar 24” ha annunciato, citando il ministero dell’interno, che tutti gli edifici pubblici di Almaty sono tornati sotto il controllo del governo e che “proseguono gli sforzi delle forze dell’ordine per rimuovere  tutti i terroristi”.

Il presidente cinese Xi Jinping  loda Tokayev e gli riconosce il merito di aver preso “decisioni efficaci in un momento critico, riuscendo a calmare velocemente la situazione”. Il capo dello stato cinese  rifiuta e stigmatizza  “i tentativi da parte di forze esterne di provocare disordini e di istigare rivoluzioni colorate (come quella del 2014 in Ucraina ndr.)”. Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha telefonato a Tokayev per ribadirgli il suo sostegno anche in veste di presidente di turno del Consiglio per la cooperazione dei Paesi turcofoni del quale fanno parte anche l’Azerbaigian, il Kirghizistan e l’Uzbekistan (Turkmenistan e l’Ungheria partecipano, ma solo come “osservatori”).