
Di Lorenzo Bianchi
“La nostra gente ci ha dato ancora fiducia, sarà il secolo della Turchia” esulta Recep Tayyip Erdoğan parlando alla folla dal pulman che porta lui e la moglie Emine alla sede centrale del suo partito, l’Akp, a Istanbul. La folla dei fan è radunata davanti a un maxi schermo montato sulla strada che trasmette lo spoglio dei voti ad Ankara. Non è stata una vittoria travolgente come era sempre successo negli ultimi venti anni. Ahmet Yenel, capo della Commissione elettorale centrale, in sigla Ysk, ha comunicato che al presidente è andato il 52,14 per cento dei voti, mentre il suo sfidante Kemal Kilicdaroglu, leader del Chp e dell’opposizione, si è fermato al 47,86 per cento dei suffragi. Erdoğan, 69 anni, è stato primo ministro dal 2003 al 2014, anno nel quale è diventato capo dello stato dopo aver promosso una riforma in senso presidenziale delle istituzioni turche. I leader di Qatar, Ungheria, Azerbaijan, Somalia, Pakistan, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita sono stati tra i primi capi di stato e di governo a congratularsi con il presidente eletto, ha riferito l’agenzia di stampa statale “Anadolu”. Gli osservatori dell’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e per lo Sviluppo Economico in Europa) hanno denunciato “pesanti irregolarità” nel voto e nella campagna elettorale.
In Parlamento la coalizione guidata dall’Akp, il partito del capo dello stato, ha conquistato 326 seggi su 600 contro i 211 dell’opposizione. Duecentosessantotto andranno all’Akp, 51 al partito nazionalista Mhp e 5 al partito Refah. Nella coalizione di opposizione 167 saranno del Chp e 44 dei nazionalisti alleati di Iyi parti. Ottiene 65 parlamentari e supera la soglia del 10% la coalizione di sinistra formata dai filo curdi di Hdp, che si sono presentati con il simbolo di Sinistra Verde e hanno conquistato l’8,75% dei consensi che gli consente di piazzare 62 parlamentari, mentre altri 3 seggi andranno al partito dei lavoratori, nato da una scissione dal partito comunista turco e alleati dei filo curdi all’interno della medesima alleanza. (Nella foto una manifestazione a Istanbul).
Erdoğan si troverà a fare i conti con un difficile rapporto con l’Occidente. Ankara non ha ancora dato il via libera all’ingresso della Svezia nella Nato che non vede di buon occhio i suoi stretti rapporti con la Russia dalla quale importa il 44 per cento del gas che consuma. Mosca sta costruendo la centrale nucleare di Akkuyu, la prima del Paese. Gli Usa hanno escluso Ankara dalla fornitura dei moderni caccia F 35 dopo che il presidente turco ha deciso di acquistare i missili antiaerei russi S 400.
Il “Sultano” dovrà affrontare una situazione economica molto fragile. L’inflazione supera il 43% e alla fine del 2022 aveva superato l’80% toccando i livelli più alti degli ultimi vent’anni. La lira turca ha fatto registrare nei giorni scorsi un ennesimo record negativo rispetto al dollaro. Secondo i dati ufficiali rilasciati all’inizio della settimana le riserve estere nette della Banca centrale turca sono scese sotto lo zero per la prima volta dal 2002. Alla testa della Banca centrale si sono avvicendati 5 governatori diversi negli ultimi otto anni. Il presidente turco ha varato una riforma per la quale è stato cancellato qualsiasi criterio di età per il pensionamento. Per averne diritto è sufficiente avere versato fra 20 e 25 anni di contributi. Il salario minimo è stato raddoppiato ed è arrivato a 425 euro.
Un’altra nuvola nera all’orizzonte è la questione dei migranti siriani ospitati dalla Turchia, quasi 4 milioni di persone arrivate dopo l’inizio del conflitto civile nel 2011. Erdogan ha promesso che 1 milione di rifugiati tornerà “volontariamente” in patria, ma il presidente siriano Bashar al-Assad, con il quale il presidente turco sta cercando da mesi una riconciliazione dopo avere rotto i rapporti oltre dieci anni fa, ha chiesto esplicitamente che le truppe di Ankara lascino il suo Paese. Il capo dello stato avrebbe catalizzato i voti degli elettori nazionalisti di destra che al primo turno delle elezioni avevano scelto Sinan Ogan. Nelle ultime due settimane anche Kemal Kilicdaroglu si è concesso una sbandata nella stessa direzione che con ogni probabilità gli è costata molti consensi nelle zone curde. Per la prima volta Erdoğan terrà il suo primo discorso del nuovo mandato dal nuovissimo palazzo presidenziale non dalla sede dello Akp.
Nella campagna elettorale L’Akp, il Partito della giustizia e dello sviluppo, si era alleato con i nazionalisti del Mhp, di destra e conservatori. Kemal Kilicdaroglu, 74 anni, economista, un curdo di religione alavita che ha rivendicato le sue origini, da 15 anni alla testa del Partito Popolare Repubblicano, in sigla Chp, kemalista e socialdemocratico, era il leader dell’”Alleanza della Nazione” . Al cartello elettorale hanno aderito il Partito della Felicità (Sp) conservatore islamista fondato nel 2001 da Necmettin Erbakan, il leader storico dell’islamismo politico in Turchia, il Partito Democratico (Dp), liberale di centro destra, il Partito della Patria (Pd) e il Partito Buono (Iyi) di Meral Aksener, entrambi di centro. Il Partito Democratico dei Popoli (Hdp) filocurdo e liberale, forte del 10 per cento dell’elettorato ha sostenuto la coalizione appoggiando i candidati del “Partito della Sinistra verde” Yeşil Sol. I curdi, 20 milioni di cittadini turchi, sono vittime di una repressione di antica data. Il deputato e copresidente dello Hdp Selahattin Demirtas è in carcerazione preventiva dal 2016. Per questa vicenda la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha condannato la Turchia. “Il nostro più grande obiettivo è portare la Turchia verso giorni prosperi, pacifici e gioiosi”, aveva promesso Kilicdaroglu. L’ “Alleanza della Nazione” era sostenuta anche da Ali Babacan, già ministro dell’economia del “Sultano”, e da Ahmet Davutoglu, l’ex premier del capo dello stato in carica.
La citazione irriverente di un proverbio circasso sui potenti ha portato in carcere il 22 gennaio 2022 una nota giornalista turca. Sedef Kabas, 52 anni, è stata condannata a 11 mesi di prigione. “C’è un proverbio molto famoso – aveva detto in diretta sul canale televisivo dell’opposizione “Tele 1” – che dice che la testa coronata diventa più saggia. Ma vediamo che non è vero. Il bue non diventa re entrando nel Palazzo, ma il Palazzo diventa una stalla. E’ stata arrestata per aver insultato il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, un’imputazione che dal 2014 è stata contestata in oltre 160 mila casi sfociati in 12.881 condanne.
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