Un elicottero Mangusta prodotto dalla Leonardo

Ricordate le immagini delle bombe sganciate dai sauditi a Sanaa, la capitale dello Yemen, ordigni prodotti a Domusnovas, in Sardegna, dalla Rwm, una società italiana della Rheinmetall Defence tedesca (un’esportazione che secondo la relazione annuale al Parlamento in materia di armamenti si sarebbe fermata solo nel 2018)? E le 19.547 firme raccolte nel marzo del 2018 da Amnesty che, denunciando i silenzi del governo italiano guidato allora da Paolo Gentiloni, citava le conferme di un rapporto dell’Onu sugli ordigni Rwm? Nei saloni dell’hotel Saint Regis sembravano voci flebili e lontane.

Il governo giallo – verde si è espresso per bocca della titolare della difesa Elisabetta Trenta, capitano della riserva, convinta che “per garantire i livelli di finanziamento indispensabili a preservare ed accrescere le capacità operative delle Forze armate, è necessario, da un lato, pensare in maniera innovativa alle politiche di finanziamento dello Strumento militare, affinché non rimangano confinate nel solo perimetro del concetto di spesa, ma siano percepite come un investimento fruttuoso per il Paese, in grado cioè di promuovere ricerca, occupazione e sviluppo e, dall’ altro, assicurare in ogni circostanza il più efficace e virtuoso utilizzo delle risorse assegnate”.

La responsabile politica delle Forze Armate ha parlato durante il convegno organizzato da EY  (già Ernst & Young) sulla difesa come “volano di crescita dell’economia nazionale” davanti a un parterre nutrito e qualificato di vertici militari e di imprenditori del settore, primo fra tutti l’amministratore di “Leonardo” (già Finmeccanica) Alessandro Profumo. Reduce freschissima da un viaggio nel Corno d’Africa, Elisabetta Trenta ha annunciato una novità rilevante: nella base italiana di Gibuti nascerà un centro di formazione nel quale confluiranno università e imprese. A queste ultime ha chiesto addirittura di “parlare di più”. L’attuale quadro internazionale, ha osservato, è caratterizzato da “elevati livelli di imprevedibilità” dovuti alla minaccia “cyber” e al “terrorismo internazionale”.

I lavori sono stati introdotti e messi sui piedi concreti delle cifre da Donato Iacovone, amministratore delegato di EY in Italia. Il settore Aerospazio e difesa è cresciuto del 2,8 per cento fra il 2012 e il 2017 a livello globale e del 9 per cento nei Paesi emergenti. In l’Italia vale 13,5 miliardi di euro, esporta il 70 per cento della produzione, impiega, con l’indotto, 160 mila persone e riguarda più di 4000 aziende (il 70 per cento sono di dimensioni minime e il 18 piccole). E’ il secondo per investimenti in ricerca e sviluppo, con una spesa di 1,4 miliardi di euro, anche se la quota di Pil nazionale destinata alla difesa è appena l’1,5 per cento invece del 2 chiesto a gran voce dagli Stati Uniti, anche prima di Trump. Iacovone prevede che le spese per la cybersecurity, 1,7 miliardi nel 2018, lieviteranno fino a toccare i 3 miliardi nel 2021, una fettina dei 172 miliardi globali.

Ma soprattutto il comparto “aerospazio e difesa” è una fucina di innovazioni effervescente.  Fra il 2006 e il 2015 ha aumentato i brevetti del 10 per cento. Nello stesso periodo nell’industria automobilistica sono calati del 7 per cento. L’amministratore delegato di Leonardo Alessandro Profumo, ex banchiere, confida al direttore del Tg 2 Gennaro Sangiuliano che il cambiamento nella difesa è più veloce di quello della finanza e chiede che sia conservato “un ancoraggio molto forte al mondo atlantico”. La sua azienda spende 1 miliardo e 450 milioni in ricerca e sviluppo. Cinquecento vanno alle Università. Con un ateneo di Milano è in corso, racconta, una ricerca su un materiale antivibrazione particolarmente utile agli elicotteri. Le piccole imprese che lavorano per “Leonardo” hanno creato nel 2018 1700 posti di lavoro. “I nostri sistemi radar navali – si compiace – sono assimilabili solo a quelli di un grande Paese occidentale, vi lascio immaginare quale (ndr. Gli Usa)”. Tenendo conto che nessun altro settore come la difesa fonde l’intelligenza artificiale, la stampa 3 d e la cybersicurezza, il suo mantra è: “la continuità è fondamentale”. Profumo sgancia un siluro fatale alle gare di appalto. Teorizza infatti il G to G, un magico acronimo inglese che indica l’accordo diretto fra Paesi.

Carlo Festucci, segretario generale dell’Associazione Italiana delle imprese dell’Aerospazio e della Difesa, chiede di avere gli stessi strumenti di Francia e Germania e non la legge 185 attualmente in vigore. “La logica del pacifismo – lamenta – non permette di capire che questo è uno dei settori più controllati e ad alta tecnologia”. Criticando i tagli alle spese della difesa, argomenta che “un euro investito nel settore ne porta tre”. Pasquale di Bartolomeo, amministratore delegato della Mbda rivendica un contributo della sua impresa all’Agenzia Spaziale Italiana sui sistemi di guida della navigazione e di controllo dei missili.

Luigi Piantadosi, manager di punta della Lockheed Martin, racconta che la sua azienda ha ripreso con l’agenzia spaziale statunitense, la Nasa, gli studi su una navicella spaziale per Marte che deve resistere a un viaggio di tre anni e su aerei supersonici il cui bang sarà al massimo pari al rumore di uno sportello d’auto che si chiude. Tutto il comparto ha deciso: è arrivato il momento di far sapere all’esterno il suo peso nell’economia nazionale.