Di Jorge Mario Bergoglio si narrano in queste ore anche le umane passioni, sì, quelle che possono farci sentire un Papa più vicino di un altro. E’ bastato quel  semplice “Fratelli e sorelle, buonasera” per conquistare una folla sulle prime ammutolita da quel nome pronunciato con voce tremolante dal cardinale Jean Louis Tauran :”Giorgius Mario”, oddio, chi è costui? Mormorii anche al cognome, Bergoglio: pochi si ricordavano che era stato proprio il vescovo di Buenos Aires il più votato dopo Ratzinger, 8 anni fa. 

Ma quando Tauran ha rivelato il nome papale, “Franciscus”, il boato è stato assordante. Francesco, un papa che per la prima volta si impone questo nome dolce, potente, rivoluzionario. Siamo oltre Wojtyla, oltre il “se sbaglio mi corrigerete”, ma siamo nello stesso film: un papa venuto da lontano, stavolta addirittura dalla “fine del mondo”, che sa parlare direttamente al cuore della gente.

Aveva una fidanzata, prima della vocazione. Ama la Divina Commedia e i Promessi Sposi, Beethoven e il calcio (tifa il San Lorenzo) , e poi il tango, come ogni argentino caliente, così come Giovanni Paolo II amava lanciarsi  su una pista di sci anche vestito da Papa.  Vive con un solo polmone (l’altro lo ha perso da ragazzo per un’infezione) ma ha sempre avuto fiato da vendere per dire come la pensa. Un uomo, anche nelle scelte. Quando venne fatto cardinale si fece fare un preventivo per l’abito rosso. E appena gli fecero vedere la cifra si mise a ridere, stracciò il conto, e chiamò una parente sarta: nessuno si accorse mai che la sue veste era fatta in casa.

A Buenos Aires fino a pochi giorni fa girava in bicicletta, autobus o metro. Non abitava nella curia vescovile, ma in un piccolo appartamento poco distante, spesso si cucinava da solo a pranzo e cena. E per incontrarlo, raccontano,  bastava bussare alla sua porta. Il Papa della porta accanto: ci mancava. Benvenuto,  Francesco.

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