Da una parte Salvatore Girone e Massimiliano La Torre, fucilieri di marina.  Liberi e  felici, per forza. ”Oggi e’ davvero una grande giornata . Noi siamo uomini di mare come quei pescatori, è chiaro che questa storia e’ finita, ma continueremo a pensare a loro. Ma non siamo degli assassini”.  Dall’altra premier indiano Manmohan Singh, furioso  secondo quanto riporta il Times of India, che bolla come “inaccettabile” la decisione dell’Italia di non rimandare in India i due marò e fa sapere che l’India ” non è la repubblica delle banane”. Nel mezzo un governo italiano che ha gestito questa vicenda nel peggiore dei modi possibili e ora fa addiruittura mancare un impegno personale del presidente della Repubblica: quello, appunto, a rispedire i due militari in India alla fine della licenza elettorale. 

Che dire? Complimenti. Non abbiamo battuto i pugni sul tavolo quando era il momento di farlo,  cioè quando l’India ha “catturato” i nostri marinai anche se il duplice omicidio contestato era avvenuto in acque internazionali, a bordo di una nave italiana, e quindi soggetto al diritto italiano. E ora, con l’inganno, rivendichiamo diritti che erano chiarissimi fin dall’inizio e che dovevamo far valere a testa alta fin da subito. I dietrologi di turno si sono già messi a ricamare su una possibile interconnessione tra la vicenda dei marò e quella delle tangenti pagate per vendere  i nostri elicotteri all’India. Peccato che  la storia sembri molto più banalmente italica: invece di imporre all’India il rispetto delle regole fin dall’inizio, minacciando il minacciabile, abbiamo scelto una linea morbida, il dialogo, le buone maniere, costringendo i due marò alla prigionia. Una linea sbagliata, certo, ma che a questo punto andava seguita fino in fondo: perchè non è cambiato nulla, ad oggi, e per quanto ne sappiamo, che possa giustificare un dietro front di questa portata. A meno che non ci siamo accordi segreti, ma la figuraccia internazionale resta agli atti. Ora l’India può accusarci di aver violato i patti, darci degli imbroglioni e dei traditori. E c’è poco da controbattere: i patti – che non dovevamo neppure fare – li abbiamo violati.