Continua la farsa indiana sui marò, nel totale immobilismo di ciò che resta del nostro governo. Fino a ieri giornali e autorità avevano giurato che non sarebbe stato l’antiterrorismo a occuparsi delle indagini sulla morte dei due pescatori indiani secondo le accuse – interamente da provare – uccisi per errore da Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. Bene, indovinate un pò chi ha presentato il primo rapporto alla corte di New Dehli che dovrà giudicare i nostri militari? La Nia, l’agenzia federale antiterrorismo. Evviva, ora  i due uomini del San Marco sono sospettati anche di essere terroristi. 

Ma la farsa si spinge oltre.  Secondo il Times of India, Girone e Latorre sono stati indagati per omicidio in base all’articolo 302 del codice penale indiano, e in base alla sezione 3 della legge 2002 per la Soppressione di Atti Illeciti contro la Sicurezza della Navigazione Marittima. Ebbene, udite udite, la legge del 2002 come riporta l’Agi è stata voluta dal governo indiano per reprimere gli atti di pirateria e prevede anche la pena di morte: stabilisce infatti espressamente che “se qualcuno causa la morte di un’altra persona sara’ punito con la morte”.  Insomma, i due marò, che – se lo  hanno fatto – hanno sparato nel timore di un assalto di pirati di fronte alla manovra anomala del peschereccio, rischiano la condanna per la stessa legge che sono andati a far rispettare su quella maledetta nave.

Ma niente paura, la reazione del nostro governo è stata durissima: una telefonata di Monti al ministro degli Esteri indiano. Resistete, marines