“Ma perchè “pixellate” le manette ai polsi di Corona?”, chiedono in tanti a giornali e tv. Dicesi pixellare, per chi si fosse messo in collegamento con la tecnologia da poco, elaborare un’immagine in modo tale che appunto i pixel di un determinato particolare vengano deformati. Lo si fa, ad esempio, al volto di minorenni implicati in fatti di nera, per tutelarne la privacy. E lo si fa spesso, ma non sempre, anche per le manette.

Replica quello sveglio: e allora il povero Strauss Kahn , immortalato con i ferri ai polsi, quando poi si sarebbe scoperto che era stata la cameriera zoccola ad averlo messo nei guai per guadagnarci su? Già, peccato che quell’arresto sia avvenuto negli Stati Uniti, dove nessuna norma, nè deontologica nè legale , potrebbe mai impedire a un reporter di documentare ciò che avviene in una pubblica strada, e tantomeno imporre a un giornale di “pixellare” un particolare come quello della manette ai polsi di un arrestato, famoso o no.

Come al solito in questo Paese si sbaglia il punto. E il punto è –  sia detto con la serena indifferenza che il personaggio mi suscita – che bisogno c’era di mettere le manette a Corona, oltretutto già estenuato da 4 giorni di viaggio su uno dei nuovi modelli della Fiat varati da Marchionne, la 500? Non risulta che abbia ucciso o malmenato qualcuno, è accusato di cose che nulla hanno a che fare con la violenza. E in generale, che bisogno c’è di mettere le manette ai polsi di qualcuno quando è presumibile che non possa aggredire il prossimo essendo il più delle volte circondato da almeno tre o quattro agenti o carabinieri?

Il problema è quello, non la foto, a mio modestissimo avviso. E’ ridicolo pixellare le manette quando si vede benissimo che uno ce le ha. E allora che le pixelliamo a fare, per nasconderne la marca? Che paese di ipocriti