Scenari onirici e incubi a occhi aperti: la follia va in scena in salotto. Un salotto borghese. Austero, rispettabile, pacato. Di quelli che i drammi della borghesia del teatro pirandelliano ci hanno regalato in pagine immortali di scenari grotteschi e conflitti eterni tra l’essere e il sembrare. La tradizione c’è tutta, chiariamo, nel ‘Così è, se vi pare‘, che Filippo Dini ha portato in scena a partire dal 2018, dopo le parentesi televisive con  Marco Giallini e Rocco Schiavone, e che da pochi giorni è disponibile su Rai Play.  L’attore genovese ha scelto di allestire per il Teatro Stabile di Torino (ed è la prima volta che si misura con Pirandello) con la sua regia e la sua interpretazione di Lamberto Laudisi (portavoce, va ricordato, del pensiero dello stesso pirandello in scena).

La storia è quella consueta, fabula e intreccio sono rispettati: il signor e la signora Ponza  (Andrea Di Casa e Benedetta Parisi) sono arrivati in città dalla Marsica, esuli dopo il terremoto, e hanno portato con sé la suocera, la signora Froia, interpretata da Maria Paiato, che però non abita con loro, ma in una quartierino solitario in centro, giusto di fianco alla casa dei consigliere Agazzi (Nicola Pannelli),  superiore di Ponza in Prefettura. Come mai la famiglia non è riunita? E perché il signor Ponza viene ogni giorno in centro a trovare la suocera ma senza la moglie e la signora fa altrettanto, ma fermandosi in strada, costretta a parlare con la figlia dal basso verso l’alto?

Non sarà certo Ponza un mostro, che tiene segregata la moglie e vieta a sua madre di visitarla? La macchina del fango è spietata, e i meriti di Dini sono di averla esasperata, imbarbarita e incancrenita, portando alle estreme conseguenze un testo con cui pure fino ad ora si erano confrontati nomi del calibro di Massimo Castri, Franco Zeffirelli e decine di altri registi. A riportarla in scena, certo non si poteva ripetere l’ovvio. Ed ecco che allora Dini tende i nervi dei personaggi, e li fa stridere come corde di violino, calando fin dalle prime scene la pazzia in scena, personaggio manifesto nel rispettabile salotto degli Agazzi. I due piani, anzi, la lucidità e la follia, che nel dramma pirandelliano procedono sovrapposti in modo subdolo, permettendo alla seconda di esplodere lentamente, solo sul finale, in questa rappresentazione sono ostentati fin da subito, messi così in primo piano da risultare invisibili gli uni agli altri, in uno scenario grottesco e bunueliano.

Ma è un gioco ben più faticoso del dovuto, tenere a bada una follia manifesta, ed per questo che i toni sono urlati (forse troppo?) dall’inizio fino alla fine e il mite Laudano – che nel dramma pirandelliano si ostina fino alla fine a voler riportare la vicenda sotto a un profilo di normalità -, tormentato dai dubbi furibondi che lo circondano ne appare sfibrato, consumato, letteralmente crocifisso come nella scena che apre il dramma, e poi in sedia a rotelle, licenza al testo originale, molto vistosa, ma perfetta per la resa finale, che ha portato all’opera il Premio Le Maschere del Teatro Italiano 2019 per la miglior regia e le migliori luci. Dopo due anni di fortunate tournée in Italia e all’estero (ed è stato, tra l’altro, il primo Pirandello in lingua italiana eseguito con grande successo in Cina), l’opera è ora disponibile in streaming, sulla piattaforma Rai Play, per sconvolgere, dopo quello degli Agazzi, anche il salotto di casa nostra.