Tre voci di donna da tenere a mente. La prima è quella di Giulia Mei. Classe 1993, varie partecipazioni a Musicultura e un album, ‘Diventeremo adulti’ del 2019, che fu anticipato da ‘Mamma!’, un singolo profondo e leggero insieme, in cui il pianoforte e il canto ricercato si associano a un’elettronica ben marcata e usata con sapienza. Non è un caso, poiché Mei è una musicista prima di tutto, e ha imparato il canto, il pianoforte e l’arte di arrangiare nelle aule del Conservatorio Bellini di Palermo. Ed è a Palermo, la sua città, che ha dedicato l’ultimo brano. Una canzone d’amore, pare ovvio, ma di un amore vissuto con le unghie, avvinghiati in un corpo a corpo, come si confà a una città portentosa e maledetta come la sua. Il titolo per non sbagliare è ‘S. Rosalia‘, la santa patrona, con la sua festa prototipica, dall’antropologia lineare e mitologica insieme. Giulia Mei l’aveva eseguita dal vivo, questa canzone, ma immaginiamo non fosse la prima volta, in un concerto al Cortile Cafè di Bologna qualche mese fa. Un’esecuzione solo voce e pianoforte, spogliata di tutta quella costruzione melodica che in studio poi è esplosa così colorata e cromatica. E’ una canzone godevolissima, con i suoi contrasti di blatte e sentimenti, di amore e porno, così precisa nel dissacrare una città e al tempo stesso dichiararne l’amore. Un amore che, si sa, diventa banale se lo esprimi con le solite rime. E allora meglio dire le cose come stanno. Cose tipo ‘Palermo non è fatta per i deboli di cuore / c’è sempre qualche cristo che alla fine poi ci muore’ e andare avanti così, pennellando emozioni e constatazioni del danno, perché alla fine il risultato è un sentimento autentico e da preservare. Non c’è ancora un disco, lo aspettiamo, e intanto ci accontentiamo di ‘S. Rosalia’.

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La seconda voce ci porta a Bologna, ma è soltanto per caso. Poiché lei è pugliese, salentina per la precisione, si chiama Carmen Lina Ferrante ma il nome d’arte è Melina. Il suo primo Ep, appena uscito e disponibile sulle piattaforme streaming, ha un titolo divertente ed epifanico: ‘Esiste!’, a indicare l’essere al mondo come artista, appunto, ma anche l’ironia con cui Melina vive tutta complessa partita del suo esordio. Un presentarsi la prima volta che giudicare istrionico è fin troppo riduttivo. Già, ché dentro ai quattro brani che compongono l’Ep c’è di tutto, ma proprio di tutto. Dal jazz al divertissement, dal pop al gospel, da Mina alla musica brasiliana, dall’amore alla presa per i fondelli. Il singolo, soprattutto, ‘Come hai detto?, è un esercizio di stile in cui, in effetti, di stile ne emerge a pacchi. Dissonante,  certo. Troppa roba? Forse. Ma di certo non ci si annoia. Se Melina voleva giocare tutte le sue carte alla prima partita, beh, c’è riuscita appieno. E che dire di ‘Tempo’, una sovrapposizione di voci che diventa una sinfonia. D’altronde Melina viene anche lei dal Conservatorio, dove si è diplomata in canto jazz, poi applicato ai suoi giochi col microfono. Esposta tutta la sua merce, bisognerà capire quale direzione prenderà questa arte. Ma visti i presupposti, comunque vada, mettiamoci comodi, e prepariamo i pop-corn.

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La terza artista da tenere d’occhio è Faiah. Geniale il suo singolo ‘Numeri‘, il secondo brano in assoluto che ha pubblicato. Un perfetto connubio tra ironia e critica sociale, tra chitarre arabeggianti e sonorità urban pop. Già l’attacco, musicalmente parlando, è geniale: ci sono una chitarra stoppata e una voce colloquiale. Che parte dimessa, con una frase inattesa, quotidiana (‘Non ho credito alla Sim’), per avviare da lì, senza preavviso e possibilità di resa, un’incalzante spira di suoni e di stili, di assunti e deduzioni dal crescendo furioso. Il ritornello è una specie di esplosione, in cui i muri sono caduti lo sfondo, da casalingo che era, è diventato un mercato nordafricano, una strada affollata, una festa di nozze, un giro di grappe, qualcosa di gitano. Esuberante è dir poco. E d’altronde Faiah El Degwy, basta spulciare i suoi social, a venticinque anni è già un’intrattenitrice nata. Ha iniziato con un blog, ‘Padri arabi’, che analizza quotidianamente, con sferzante ironia, le supposte differenze culturali, per dar seguito poi alla creatività in musica. Il suo è un talento naturale, pare, perché fa tutto da sola, dai testi ai suoni, dai video alle performance e le improvvisazioni. Musicalmente parlando, Faiah è un melting-pot di stili che strapazza la trap mescolandola con la world, e costruisce melodie romantiche solo per asfaltarle a suon di ritmo un secondo più avanti. Piccola nota a margine: in tutta questa confusione, Faiah si è appena laureata in Medicina. Da tenere d’occhio con attenzione. Tutto il resto non potrà che venire.