Musica e letteratura: due forme d’arte per un solo contenitore, quello di ‘Ballate per uomini e bestie’ (La Cùpa/Warner Music), il nuovo disco di Vinicio Capossela. Un’opera fascinosa, anticipata dall’uscita de ‘Il povero Cristo’. La morale? Pessimistica. “Cristo non è riuscito a insegnare agli uomini a salvarsi”, così racconta il brano Capossela. Eppure a loro disposizione aveva messo “il precetto più semplice, quello in cui è racchiusa tutta la buona novella, il lieto annunzio: ama il prossimo tuo come te stesso”.

Da questa lucida sentenza si dipana il filo conduttore di tutto il disco. Un’opera straordinaria per sonorità, ispirazione e contenuti, basti ascoltare brani come ‘Uro’, ‘La peste’ o ‘Il testamento del porco’. Continua e ben amalgamata, forse addirittura più del solito, la parte alta e letteraria con il racconto fisico, quasi animalesco, tipicamente caposseliano, di un’umanità concreta. D’altronde gli anni in cui viviamo, chiarisce l’autore, sono quelli che sono: “È un tempo di peste – ragiona –, e in tempo di peste, come nel Decamerone, ci si rifugia nel racconto, non prima di avere esposto la nostra denunzia”.

La peste, chiaro, è una malattia antica e disperata, che si diffonde troppo velocemente e non lascia scampo, e per questo rende l’uomo edonista ed egoista, in una parola animale. Quella di oggi, poi, “è una pestilenza morale – spiega Capossela –, etica, di linguaggio, che corre nella Rete, nuovo pneuma che trasmette pulsioni antich”. La lista dei sintomi è lunga: “Nella pestilenza si diffondono più velocemente la tendenza verso il basso, la corruzione, del linguaggio, la violenza, la pornografia in luogo del desiderio». Eccoli i nostri mali contemporanei, pronti a spolparci come una volta il contadino faceva con il maiale, «che spesso ha due differenti nomi a seconda che lo si intenda da vivo o da morto, creatura vivente o prodotto alimentare”.

La speranza c’è, ovviamente. Passa dalla fuga degli ultimi, cantata in una ritmica e divertente rilettura de ‘I musicanti di Brema’, quattro animali masticati e poi sputati da loro padroni che si ritrovano attaccati alla vita “in una rock band”, anzi, in una “banda municipale”. E arriva fino alla lumaca, protagonista dell’ultima ballata. Custode del segreto della natura, col suo guscio a forma di galassia: «Bisogna farsi piccoli – chiude l’autore –, per accorgersi dell’altro, e fare spazio per percepire il mondo». Parola (e musiche) di Vinicio Capossela.