Nulla a che vedere con la politica: ‘La trionferà‘ di Massimo Zamboni (Einaudi, 2021) è soprattutto una storia d’amore. Ma di un amore smaccato, sia chiaro. Come la trama di un romanzo Harmony, quella passione cieca e accorata, fatta di dolori, continue rincorse, delusioni, ritorni di fiamma.
Il bel tenebroso è il socialismo, quello vero, di origine russa. Lei invece è una piccola e fiera Pietroburgo in terra d’Emilia, quasi diecimila anime, patria di Orietta Berti e forse unico luogo al mondo dove ancora, tuttora, Vladimir Lenin è sindaco onorario. Si chiama Cavriago. Zamboni – reggiano di nascita, sveglio d’intelletto politico e dai lunghi trascorsi musicali (e che musica: con i Cccp-Csi rivoluzionò il punk-rock) – riesce nell’impresa di raccontarne le gesta con gli occhi dell’ammiratore e il rigore dello storico o del giornalista.
Il suo libro è un viaggio a Cavriago che parte dalle origini, da quel mistero ottocentesco di un mucchio di case sperdute nella campagna emiliana dove, per imperscrutabili ragioni, arriva e attecchisce più forte che altrove il seme della rivoluzione. Qualcosa sta succedendo in Russia a cavallo dei due secoli, e fin qui nulla di nuovo. Ma il fatto è che, non si sa come, nei verbali del consiglio comunale di Cavriago finisce nero su bianco la vicinanza ai socialisti sovietici. Il secondo miracolo – anche qui tutto vero – è poi come la notizia, riportata in una riga interna da L’Avanti!, possa viaggiare per il mondo, attraversare stati e montagne e giungere nientemeno che a Lenin, che incredibilmente citerà Cavriago in un suo discorso per dire: ecco, vedete, persino in questo posto sperduto tifano per noi.
Poste queste premesse, non poteva che essere amore. Un amore cieco, si diceva, che Zamboni sa indagare e scrutare con affetto e lucidità insieme. Epiche le sue pagine che riportano le gesta di questo manipolo di contadini e contadine, operai e operaie, che ogni settimana mettono da parte i soldi per l’acquisto di un mattone, uno ciascuno a settimana, trasportato poi in bici e conservato, fino ad averne a sufficienza per costruirsi, da soli, un cinema multisala, una casa del popolo, un night-sala da ballo, nientemeno che una ferrovia!
Il contorno è la Storia della dottrina comunista che procede, anche in Italia, cruda e spietata. Con la scissione di Livorno, la guerra, la fine di un’idea di Rivoluzione, l’anomalia del Pci, le dolorose prese di distanza da Mosca, le derive del ’77, la caduta del muro e la mala fine dell’illusione collettiva. Testimone di tutto ciò è un busto di Lenin che a Cavriago, nell’omonima piazza, è arrivato a un certo punto dalla Russia a rinsaldare quell’assurdo legame tra una potenza mondiale e un piccolo borgo emiliano. Anello di nozze di un amore folle e disperato ma – Zamboni lo spiega bene -, perlomeno autentico, e in quanto tale da rispettare. Perché se un sogno deve essere, sembrano dire in ogni pagina i protagonisti di questo romanzo corale, allora lasciateci sognare, e pensare che «se non saremo noi a vederla trionfare, e se non sarà da noi e avrà altri nomi forse, altri modi, chissà dove, duecento, trecento, mille anni, vedrete: la trionferà». Un bel libro da leggere, comunque la si pensi, se si vuol capire l’Emilia.
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