E ora viene il bello. Smaltita la sbornia, dormito quel poco che serve a non confondere i sogni con la realtà, ci si alza la mattina e aprendo la finestra si vede l’Europa.
Sembrava così lontana, qualche mese fa. Adesso invece è a un tiro di schioppo, la puoi quasi toccare e non è mica quella di seconda mano. E’ l’Europa che conta davvero, che arricchisce di prestigio e di denaro, che fa vincere i Palloni d’Oro e sponsorizzazioni di platino ai protagonisti, che proietta nell’elitè del calcio. «Prima o poi succederà che i giocatori faranno la fila per venire a giocare nella Fiorentina, come adesso ambiscono a vestire la maglia di Milan, Inter o Juve» diceva poco tempo fa Daniele Pradè, disegnando un futuro lontano. Nemmeno lui, che pure di calcio se ne intende e si vede, avrebbe mai immaginato che il futuro si sarebbe avvicinato in così breve tempo, a grandi passi.
Diciamolo subito: anche il rischio, come l’Europa, è dietro l’angolo. Ha i colori e il sacro furore dell’Atalanta che domenica arriva al Franchi: il classico trappolone dove è facilissimo cadere dopo tanti complimenti, tanti festeggiamenti, tanta tensione accumulata, dopo essersi convinti che si può volare senza limiti di quote. Ma se la Fiorentina riesce ad essere quella di San Siro anche contro le squadre con minor appeal (ricordiamoci il Cagliari), caratteristica che distingue le grandi squadre da quelle normali, può e deve porsi come traguardo finale la Champion’s League.
Fermo restando che oggi come oggi solo la Juve gode di altrettanta salute, infatti sta facendo un campionato a sè, per la lotta dal secondo posto in giù il calendario favorisce i viola. A cominciare dal prossimo turno, appunto, con una partita sulla carta abbordabile mentre il Napoli che ha due punti in più ospita il Milan, con Allegri ormai all’ultima spiaggia, e la Lazio va a Torino in casa di Madama. In attesa di prendere le misure per un eventuale assalto all’Inter (a +3), insomma, la sorpresa al terzo posto potrebbe già arrivare domenica. E pensando oltre, vale la pena di ricordare che nel girone di ritorno la Fiorentina avrà un doppio vantaggio rispetto alle dirette concorrenti: affronterà in casa tutte le grandi (meno la Juve) e potrà lavorare tranquillamente durante la settimana mentre le altre spenderanno energie sul palcoscenico europeo.
Oltre al calendario favorevole poi, la squadra di Montella può contare su numeri incoraggianti. Quattro vittorie consecutive, 16 punti nelle ultime 6 giornate, 12 gol segnati (di cui 7 da giocatori diversi)e una difesa quasi impenetrabile con solo 3 reti al passivo. La conferma che tutti i trend negativi hanno ormai invertito la direzione di marcia, senza contare il recupero di uomini importanti (Aquilani primo fra tutti) e l’incredibile capacità che ha Montella di intercambiarli senza che equilibri e gioco ne risentano.
Ma al di là dei numeri e del bel gioco che ormai ha conquistato tutti gli innamorati del calcio, non solo i tifosi viola, la Fiorentina è anche un gruppo dove convivono magnificamente religioni, lingue, usi e costumi diversi. Un gruppo multietnico, composto per la maggior parte da stranieri, eppure compatto come il cemento.
In questo senso i viola sono già in Europa, anzi, nel mondo. E bastava guardarsi intorno, domenica sera a San Siro, per rendersene conto: giornalisti e osservatori cinesi, giapponesi, tedeschi, serbi, arabi, tutti a bocca aperta. Rapiti da una squadra fantastica. E non era il Milan.