Va bene che era partita come la squadra dei miracoli, ma quando giochi a calcio non si può vincere senza portiere e senza attaccanti. Al massimo, messa com’è oggi, la Fiorentina può vincere il festival dei pali o il campionato dei passaggi laterali, due specialità dove ultimamente non ha rivali. Ma per sperare ancora in un piazzamento europeo non basta più baloccarsi con il pallone, ormai tutti hanno scoperto i segreti della bella Viola, sanno che all’inizio bisogna aver pazienza e aspettare il momento giusto per colpire, e che con un pizzico di fortuna può diventare un colpo grosso.
Per conferma chiedere a Maran e ai giocatori del Catania. Ieri a fine partita saltavano come grilli ma con sguardo stupito, perché persino loro stentavano a capire come fossero riusciti a vincere una gara che pareva persa in partenza: per una serie di assenze importanti, per il predominio dei viola sul piano del gioco e il primo sigillo impresso da Migliaccio dopo appena 22 minuti. Con tutto il rispetto per tre punti meritatissimi, nessuno dei siciliani avrebbe osato sperare tanto. Invece è successo, grazie ad un errore dietro l’altro: dormita generale della difesa sul pari, uscita da dilettante di Neto per il 2-1, palo di Cuadrado e traversa di Ljajic, atteggiamenti irritanti come l’evanescenza di Jovetic e il gesto di stizza nei confronti dell’arbitro che è costato ad Aquilani l’espulsione.
E’ successo, qui sta il nocciolo della questione, che ormai la Fiorentina è diventata la vera nemica di se stessa. Nelle ultime quattro sconfitte (Coppa Italia compresa) gli avversari hanno recitato sempre o quasi un ruolo marginale, al confronto con i danni che i viola si sono procurati da soli (e in parte per mano degli arbitri). La prova di Catania diventa la punta dell’iceberg solo perché nell’occasione si son riviste la verve, la lucidità e la facilità di manovra che nel periodo post natalizio sembravano un po’ arrugginite. Ma anche stavolta nel suo momento migliore, in particolare ad inizio ripresa quando è tornata in campo ancora più sciolta e leggera, la squadra non è riuscita come sempre a concretizzare la sua supremazia. Questione di centimetri in almeno tre occasioni, certo, ma così come ci si guadagna la fortuna si può fare molto anche per incoraggiare la sfortuna. E la Fiorentina sta mettendo sul piatto errori marchiani, nervi facilmente attaccabili, di talenti un po’ troppo viziati, tutte cose che non aiutano certo a rimettersi in carreggiata.
Adesso il compito più difficile tocca a Montella, che essendo un tipo molto sveglio sa benissimo di non poter andare avanti consolandosi con il bel gioco e aspettando che il vento cambi. Sul portiere bisognerà fermarsi un attimo a pensare, prima di perdere definitivamente Viviano per colpa di un solo errore, quello all’Olimpico. Insistere su Jovetic, magari sacrificando Ljajic anche quando (come ieri) dà un contributo maggiore del suo, finora non ha prodotto grandi risultati. E se è una scelta intelligente quella di non dare troppo peso ai moduli, in assenza di Pizarro si potrebbe comunque correggere qualcosina senza bisogno di stravolgere l’insieme.
Ovvio che il periodo nero richiede comunque una riflessione collettiva, perché così come i meriti sono di tutti quando le cose vanno bene è giusto dividere le responsabilità quando vanno meno bene. Tanto più se i casi delicati riguardano uomini di punta, anche sotto il profilo economico, come Jo Jo. Detto questo, almeno per ora sarebbe sbagliato far drammi perché non erano lo scudetto o la Champions League gli obiettivi dichiarati a inizio stagione. Ma sarebbe anche un peccato buttar via quello che di buono è stato fatto fino a dicembre.