Per uno che da bambino giocava con Messi, diventare un fenomeno era il minimo. Ma lui è andato oltre i confini del calcio diventando icona della fiorentinità prima ancora che del tifo. Tant’è che lo amano tutti, senza distinzione di classe, di professione o di militanza allo stadio. Un fenomeno speciale, insomma, altrimenti non si chiamerebbe Facundo Roncaglia. Esploso sui social network con un gruppo che conta oltre 14mila iscritti, poesie, canzoni, anche la “Facundo Commedia”, adesso un libro che uscirà fra pochi giorni. E la benedizione di personaggi illustri come Carlo Conti, Giorgio Panariello, Marco Masini. Tutti rapiti dal Rambo della porta accanto.
E lei questo fenomeno come se lo spiega, Facundo?
«Veramente non me lo so spiegare. Non credo di essere un fenomeno, quando gioco cerco sempre di dare il meglio e per il resto nel tempo libero non sono uno che va molto in giro però se ci vado la gente mi riconosce e mi abbraccia e fa i complimenti ma io penso che sia per quello che faccio nei 90 minuti in campo».
Tutto qua?
«Magari sono entrato nel cuore dei tifosi, questo può essere…» .
E come mai così in fretta? Magari perché è antijuventino?
«Oh, quello me l’hanno chiesto prima ancora di venire, ma io ho detto di stare tranquilli perché il mio tifo fin da bambino è solo per il Boca».
Comunque essere famoso non le dispiace, no?
«No, vedere che la gente mi riconosce e mi dà tanto affetto è una cosa che mi piace, anche se ogni tanto ci può essere il giorno che sei di cattivo umore. Succedeva anche in Argentina, perché il Boca è una grande squadra e per strada tutti mi fermavano».
E poi adesso qui va tutto bene…
«Ecco, se le cose cambieranno non so se i fiorentini con me saranno ancora così simpatici ma non voglio pensarci, vedremo».
Dicono che somiglia a Passarella, forse anche per questo è molto amato a Firenze
«Io non l’ho mai visto giocare, nemmeno in video, però tutti me ne hanno sempre parlato. Non avendolo mai visto non so se come difensore gli somiglio, come carattere può essere».
E dire che lei aveva cominciato da attaccante, forse contagiato da proprio da Messi.
«Ma allora Lionel era un bambino come me, a quei tempi sognavo di diventare come Batistuta».
Poi qualcuno le ha fatto cambiare idea.
«C’è stato un periodo di transizione in cui ci ho pensato molto poi mi hanno convinto che il ruolo di difensore era più adatto alle mie caratteristiche».
Non dev’essere stato facile.
«All’inizio no, ti cambia la testa e devi essere preparato».
In realtà lei ha ancora la testa da attaccante…
«Un poco sì, è vero, ragiono ancora da attaccante».
E possiede anche i colpi da attaccante: non vorrà mica fermarsi a un gol?
«No no, qualcun altro voglio segnarlo di sicuro».
Non solo lei, tutti i difensori della Fiorentina hanno una doppia anima infatti stanno segnando quasi più degli attaccanti.
«Ancora no ma non si sa mai… scherzo, però è vero anche Savic, Gonzalo, Pasqual sono spesso vicini alla porta ma in parte dipende dal tipo di gioco che facciamo».
Che tipo di argentino è Roncaglia? Bollente o ghiacciato?
«Quando gioco sono caliente per il corazon e frio con la testa. Fuori dal campo sono una persona tranquilla però se mi pestano divento cattivo».
Ora sì che ci siamo.
«Ho detto se mi fanno delle provocazioni, di natura sono buono come il pane».
Tre figli, quella che ha avuto dalla sua prima moglie quanti anni ha?
«Ne compie sei a gennaio, è nata quando ne avevo venti, anch’io ero quasi un bambino. Gli altri due invece sono maschi, 4 e 2 anni».
E magari presto sposerà la sua nuova compagna.
«Voglio sposarmi di sicuro, ma con calma visto com’è andato il primo matrimonio».
Cos’è la famiglia per lei?
«Quello che mi hanno sempre insegnato mio padre e mia madre. Mi dicevano sempre: la cosa più importante nella vita è avere una base ferma, solida, poi uno va…».
In effetti Facundo ha una faccia da cinema, non è che da grande vuol fare l’attore?
«No, non sono bravo come attore».
Film preferito?
«Rambo».
Appunto. Allora cosa farà quando chiuderà la carriera?
«Non ci ho mai pensato però mi piace molto insegnare calcio ai chicos, ai bambini e spero di poterlo fare».
In Italia?
«No, voglio tornare in Argentina anche se qui sto bene e mi sento quasi a casa perché noi e gli italiani siamo molto simili. Io poi sono mezzo italiano anche di origini, i miei parenti vivono in un paese vicino a Vicenza».
Del calcio italiano cosa le piace? E cosa no?
«Non lo conoscevo, all’inizio è stata dura per gli arbitri, cartellino di qua, cartellino di là…adesso va meglio e dopo quasti mesi dico che non mi piace che la maggioranza delle squadre aspetta troppo chiusa in difesa prima di cominciare a giocare. Quello che mi piace molto invece è come giochiamo noi, sempre con il pallone fra i piedi, squadra larga, veloce, e con tanti buoni attaccanti sei sempre sicuro».
Quello della Fiorentina è il calcio più bello d’Italia?
«Anche la Juve gioca bene».
E le altre grandi? Ormai le ha incontrate quasi tutte.
«A me la squadra che è piaciuta di più è il Cagliari».
Ora scoprirà anche la Roma
«Loro hanno cominciato a riprendersi ora, ci aspetta una gara difficile ma dobbiamo vincere, ne abbiamo bisogno».
Anche perché fra Torino e Samp avete lasciato 4 punti.
«Non siamo stati al massimo in queste due partite e poi non c’è solo la Fiorentina, se sbagli qualcosa gli avversari non ti perdonano».
Montella?
«Bueno, bueno, quando devi lavorare si lavora duramente e poi c’è un tempo per divertirsi e ci divertiamo».
Sembra un bel gruppo il vostro, fra l’altro è il miglior spot che si potesse inventare contro il razzismo nel calcio.
«Ah sì noi ci sentiamo tutti uguali ed è bello vivere insieme fra stranieri perché si conoscono i costumi e le tradizioni degli altri paesi, si parla delle nostre città, di cultura, di politica».
Prossimo traguardo?
«Arrivare fra le prime cinque, sei, per un posto in Europa. Poi in futuro magari pensiamo allo scudetto».
Le piacciono le imprese difficili, a quanto pare
«Solo quelle difficili, le altre non mi interessano».
Quindi non andrà mai alla Juve?
«No, vincere lì sarebbe troppo facile».