{{IMG_SX}}Pechino, 30 aprile 2008 - Mancano cento giorni ai Giochi di Pechino che, secondo gli organizzatori del regime comunista oppressore del Tibet, saranno i migliori di sempre. Forse. Di sicuro, saranno i più inquinati e i più pericolosi per la salute degli atleti che la storia dello sport ricordi.

 

Nonostante il governo di Pechino abbia preso timidi provvedimenti per migliorare la situazione, la qualità dell'aria è sempre pessima. Al punto che, nella sterminata capitale cinese si ventila addirittura la possibilità di un blocco totale o di oltre la metà del traffico, sia pure in zone delimitate, in concomitanza con l'inizio dei Giochi (8 agosto 2008 alle ore 8.08).

Nonostante la propaganda di regime rassicuri che tutto sarà pronto e bello per il via, in realtà, a mano a mano a mano che il conto alla rovescia scandisce l'avvicinamento all'inaugurazione, la Cina è sempre più irritata anche dalle devastanti conseguenze d'immagine che la feroce repressione in Tibet le sta procurando.

 

 A questo proposito, Lucio Caracciolo, direttore della rivista Limes, avverte: "L'epilogo piu' probabile della mobilitazione tibetana potrebbe essere una dura repressione da parte dell Cina. 'Tanto piu' dura quanto piu' numerose e forti saranno le proteste da qui alle Olimpiadi''. La teoria della ''vendetta'' e' immaginabile se si pensa a quando i riflettori dei media internazionali si spegneranno sul caso tibetano, ha spiegato il giornalista, intervenuto a Napoli ad un convegno organizzato dall' Istituto Universitario Orientale.

Oggetto dell'incontro e' l' ultimo numero della rivista di geopolitica, ''La Cina e' fragile''. Partecipano i docenti Franco Mazzei (relazioni internazionali), Giorgio Mantici (istituzioni della Cina contemporanea), Giacomella Orofino (lingua e cultura tibetana) e, in rappresentanza della comunita' tibetana, Thubten Tenzin. Caracciolo parla di tre possibili sbocchi per il conflitto Xino-tibetano: l' indipendenza del Tibet, in un tempo non breve; una sorta di autonomia, nel medio termine; e infine una ''bella vendetta cinese''. Le prime due ipotesi presupporrebbero il progressivo ''disintegrarsi'' della Repubblica Popolare Cinese, e per questo, spiega l' esperto, restano a suo avviso opzioni teoriche. Della questione tibetana ha parlato a lungo Thubten Tenzin, che si e' soffermato sugli estremi disagi vissuti dalla popolazione sul fronte della sanita' e della istruzione in particolare. ''Si dice spesso che i cinesi hanno investito molte risorse nel Tibet, ma questo e' vero solo nel campo di infrastrutture come i trasporti. I soldi investiti non hanno giovato ai tibetani''.


Al convegno e' intervenuta anche la docente che durante gli scontri di marzo ha denunciato di avere tre studenti in Erasmus bloccati nell' Universita' di Lhasa. ''Carmen, l' unica che e' voluta restare, e' ancora li' - ha raccontato la Orofino - tornera' probabilmente a luglio, quando forse tutti gli studenti occidentali saranno costretti a rientrare''.