{{IMG_SX}}Roma, 25 gennaio 2008- E’ una sorta di Schindler italiano ma sconosciuto ai più. Non ha ricevuto medaglie né onorificenze, Massimo Teglio. "Soltanto il Grifone d’argento a Genova", precisa la figlia Nicoletta. Nemmeno d’oro? "Si sa come sono i genovesi, risparmiano", risponde sorridendo. Le fa piacere che finalmente si parli di suo padre, che venga ricordata la figura di quest’uomo altruista e coraggioso che dalla sua città, Genova, riuscì ad organizzare una rete di assistenza per gli ebrei perseguitati. Quanti ne salvò? "Interi nuclei familiari. Centinaia, e non solo italiani. Anche austriaci, polacchi, ungheresi, tedeschi, arrivati in Italia — spiega Nicoletta Teglio — con la speranza di trovare un rifugio sicuro".

 

Alla vigilia della Giornata della Memoria, Canale 5 lo ricorda e gli rende omaggio con ‘Fuga per la libertà’, regia di Carlo Carlei, con Sergio Castellitto nel ruolo di Teglio. Accanto a lui, Anna Valle nella parte di Virginia, un personaggio di fantasia. Il lavoro di Carlei prende le mosse da un racconto di Alexander Stille ‘Il rabbino, il prete e l’aviatore’. Si sarebbe dovuta fare una serie, ma poi si è optato per un film di un’ora e quaranta che condensa in un unico episodio più vicende di cui Massimo Teglio è stato protagonista. Inserito nella buona società genovese, aviatore esperto, amico di Italo Balbo, nell’autunno del ’43 Teglio assiste impotente alla cattura e alla successiva deportazione nei campi di sterminio di sua sorella Margherita e del Rabbino capo di Genova, Riccardo Pacifici. Con l’aiuto del parroco don Repetto, decide di passare all’azione e aiutare un gruppo di ebrei a mettersi in salvo in Svizzera.

"Massimo Teglio è un ebreo diverso. Gli ebrei ci sono stati spesso presentati dalla storia come un popolo che ha subìto l’Olocausto senza ribellarsi. Che non ha reagito. Teglio smette di subire e decide di agire, di mettere a rischio la propria vita. E la sua è anche una lezione: che si deve rispondere ai soprusi, alla violenza", afferma Castellitto. Spiega di avere interpretato questo film anche per i suoi quattro figli. "Alcuni sono ancora troppo piccoli, ma Pietro, che ha sedici anni, deve conoscere questa che è una tragedia del genere umano. Una tragedia — afferma Castellitto — che non va collocata solo in quel momento storico. E’ una tragedia che appartiene a tutti. Anche perché tutto cambia e nulla cambia, se pensiamo alla Birmania e al Darfur".

Nicoletta Teglio, una simpatica signora dagli occhi azzurri e i capelli biondi, medico, parla con grande affetto ma senza nessuna enfasi di suo padre. "Se sono viva lo devo a lui. Trovò per me, che avevo solo sei anni, il nascondiglio più sicuro: un convento di suore che accoglievano i trovatelli", ricorda. Racconta di avere perso la mamma, non ebrea, nel ’42. "Faceva la crocerossina — spiega — e morì avvelenata da un pesce pescato in un lago dove era stato versato uranio. Mio padre, che è morto nel ’90 a novant’anni, mi ha fatto da padre e da madre". Non sa nemmeno lei, e nemmeno suo cugino Franco De Benedetti che ha fatto da consulente alla sceneggiatura, esattamente quanti ebrei abbia salvato suo padre.

"Tanti. E con l’aiuto del tanto criticato Pio XII. Per mettere in salvo quelle persone servivano organizzazione e soldi. Mio padre li riceveva dal Vaticano, che metteva a disposizione i suoi conventi per nasconderli temporaneamente — riferisce ancora — e i denari che occorrevano per gli espatri. Mio padre si spostava sulle auto con lo stemma bianco e giallo della Santa Sede e alla fine della guerra Pio XII volle incontrarlo in Vaticano per sapere se gli interventi concordati erano andati a buon fine". Nel film ‘Fuga per la libertà’ ha rilevato alcune imprecisioni: nella loro casa non c’erano tutte quelle opere d’arte mostrate; suo padre non avrebbe mai partecipato a una sparatoria come quella che appare verso la fine. "Ma nell’insieme — dice — è un film coinvolgente e sono felice di questo ricordo in suo onore"