Medicina

Sindrome dell’intestino irritabile, cause scritte nel Dna

di
Antonio Alfano
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L’attività dell’intestino è fondamentale per la nostra salute. Uno degli aspetti principali è quello della motilità intestinale (l‘azione dei muscoli intestinali che spingono cibo e feci lungo il tratto gastrointestinale). Secondo uno studio appena pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica americana «Cell Genomic», i meccanismi che regolano la motilità intestinale sono scritti nel nostro Dna: esistono dei geni, specificamente individuati, che influenzano le nostre abitudini intestinali, ovvero con quale frequenza andiamo in bagno.

 

La scoperta è di un team internazionale, coordinato dal professor Mauro D‘Amato, (oggi ordinario di Genetica Medica alla Lum dopo incarichi a Bilbao, Melbourne e Stoccolma) e vede come primo autore della pubblicazione il ricercatore Ferdinando Bonfiglio ora all‘Università Federico II di Napoli dopo esperienze in Svezia, Spagna e Svizzera.

 

I ricercatori hanno preso in esame 167.875 soggetti e hanno associato il loro corredo genetico con la frequenza dei movimenti intestinali. Tra le persone con una frequenza dei movimenti intestinali alta o bassa sono stati rilevati cambiamenti specifici del Dna più comuni che nel resto della popolazione e riguardanti diversi geni poi studiati nel dettaglio.

 

La scoperta è di fondamentale importanza non solo perché la frequenza dei movimenti intestinali riflette il corretto funzionamento del tratto gastrointestinale nella digestione e nell‘assorbimento dei nutrienti, ma soprattutto perché tali risultati forniscono indizi per il trattamento della sindrome dell‘intestino irritabile, un disturbo che colpisce fino al 10% della popolazione in tutto il mondo.

 

Dallo studio, infatti, emerge che nel nostro Dna sono scritti, oltre ai meccanismi che regolano la motilità intestinale, anche i motivi per cui questa è alterata in alcuni pazienti con la sindrome dell‘intestino irritabile, una condizione molto comune che si caratterizza per fastidio o dolore addominale associati all’alterazione della funzione intestinale ed accompagnati da gonfiore o distensione.

 

Chi ne soffre spesso ha anche altri disordini legati alla motilità del tratto digestivo, come la dispepsia funzionale e il reflusso gastroesofageo. «Grazie a questi risultati e con appositi studi di follow-up – spiega il prof. D‘Amato – potremmo avere una batteria di nuovi bersagli farmacologici da sfruttare per il trattamento della stitichezza, della diarrea e delle comuni turbe della motilità intestinale, come la sindrome dell‘intestino irritabile».

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