Medicina

Hiv, diagnosi in calo da dieci anni

di
Franca Ferri
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Le nuove diagnosi da infezione di Hiv, nel 2020, sono state 1303, seguendo un trend in progressiva diminuzione degli ultimi dieci anni. Lo rileva il Centro operativo Aids (Coa) dell’Istituto Superiore di Sanità. Rispetto al 2019, i casi i risultano quasi dimezzati, ma potrebbe non essere una buona notizia: «Questo è molto probabilmente da ricondurre alla pandemia da Covid-19 e alle conseguenti restrizioni di circolazione e di aggregazione», commenta Barbara Suligoi, responsabile del Coa. Ma anche la chiusura delle strutture sanitarie e il conseguente calo di esami può aver giocato un ruolo importante nel dimezzamento dei nuovi casi diagnosticati. A livello mondiale, l’HIV resta una emergenza: sono circa 37 milioni i soggetti colpiti e ogni giorno 5500 nuove donne vengono infettate.

Nel 2020, l’incidenza osservata in Italia è stata inferiore rispetto all’incidenza media osservata tra le nazioni dell’Unione Europea (2,2 vs. 3,3 nuovi casi per 100.000 residenti). La quasi totalità dei casi (88%) è da attribuire a rapporti sessuali: maschi che fanno sesso con maschi per il 46% e rapporti eterosessuali per il 42%. La fascia d’età 25-29 anni è quella con la maggiore incidenza, più che doppia rispetto all’incidenza totale (5,5 vs. 2,2 nuovi casi per 100.000 residenti).

«Purtroppo – continua Barbara Suligoi – 6 su 10 nuove diagnosi di Hiv vengono identificate in ritardo, cioè in persone con una situazione immunitaria gravemente deficitaria o addirittura già con sintomi di Aids. Questo ritardo pregiudica l’efficacia delle terapie antivirali». Altro aspetto molto importante, le persone con diagnosi tardiva possono aver involontariamente trasmesso l’Hiv ad altre persone, contribuendo così ad alimentare un ‘sommerso’ di casi non ancora diagnosticati che in Italia si aggira intorno alle 13.000-15.000 persone.

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, è evidente che «la percezione sulla circolazione dell’Hiv è molto bassa nella popolazione generale e in particolare tra i giovani» e per questo «è fondamentale invitare le persone che si fossero esposte a un contatto a rischio, in particolare nell’ultimo anno e mezzo, a effettuare un test Hiv». Questo periodo di restrizioni da Covid «può aver impedito o scoraggiato molte persone a recarsi presso le strutture sanitarie dedicate». In questo senso risultano estremamente utili le iniziative per effettuare il test Hiv in sedi extraospedaliere e informali, quali check-point, laboratori mobili, test in piazza, test rapidi, che eliminano le remore o la vergogna di rivolgersi a una struttura sanitaria. Fino al 1 dicembre, giornata mondiale contro l’Aids, in molte città italiane vengono proposte iniziative gratuite di test HIV.

Nel 2019, sono state segnalate 2.531 nuove diagnosi di infezione da HIV, pari ad un’incidenza di 4,2 nuove diagnosi ogni 100mila residenti. È da 2012 si osserva una diminuzione delle nuove diagnosi, trend in calo che appare più evidente nel 2018 e 2019. Questa diminuzione può essere dovuta a diversi fattori: il fatto che le persone in terapia antiretrovirale efficace e quindi con viremia soppressa non trasmettano più l’infezione ai partner sessuali e l’utilizzo della PREP (profilassi pre-esposizione), nelle persone MSM HIV-negative ad alto rischio d’infezione; tuttavia, per quanto riguarda il 2020 e 2021 vi è stato anche l’impatto negativo legato al Covid-19 per la chiusura di alcuni ambulatori per l’esecuzione del test e il minor accesso del pubblico alle strutture ospedaliere. Il Covid ha avuto un impatto anche sulla prevenzione, sull’aderenza terapeutica, e sulla qualità della vita delle persone già colpite da Hiv. Pur nel calo progressivo delle diagnosi degli ultimi dieci anni, dal 2017 è aumentata la quota di persone a cui l’infezione da Hiv viene diagnosticata tardivamente. si tratta di persone in fase clinicamente avanzata, con bassi cd4 o con presenza di sintomi.

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