Paola Pasquarelli
ROMA
SI ACCENDONO

le luci sul palco ma non c’è l’orchestra, solo un pianoforte ad accompagnare i cantanti e il coro. Il pianoforte del maestro Enrica Ruggiero, (nata a Pescia e studentessa a Lucca) che da solo dà anima all’opera. La pucciniana Bohème, che inaugura la stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma a Caracalla, va in scena mutilata dallo sciopero dei musicisti che disertano il palcoscenico per «salvare la produttività del teatro», dicono loro, minacciata dai tagli al personale. Così gli applausi vanno tutti a lei, alla coraggiosa pianista che da sola suona l’intera partitura, vera ‘eroina’ che salva l’onore della musica italiana e un po’ di tutto il Paese di fronte a tanti appassionati ma anche a molti turisti accorsi a godersi lo spettacolo e la suggestione delle Terme di Caracalla illuminate di sera.

NON È

la prima volta che i beni culturali italiani e la loro gestione, in teoria il nostro biglietto da visita più esclusivo verso il mondo intero, finiscono per gettare cattiva luce sul Paese. La gestione di Pompei è sotto gli occhi di tutti e anche lì gli scioperi non mancano e finiscono per creare imbarazzi; tornando alla musica, il ricordo di tutti, l’altra sera a Caracalla, è andato a quando accadde la stessa cosa alla Scala, per la Traviata, quando fu il mestro Riccardo Muti a ‘salvare’ la serata in seguito a uno sciopero dell’orchestra. Lì agli spettatori in qualche senso andò meglio che a Roma, perché a suonare fu Muti in persona, ma la figura complessiva del sistema Paese non fu migliore.
Due sere fa, turisti e appassionati, a Caracalla hanno subito compreso che non era la sera. A nulla sono servite le scuse del Sovrintendente dell’Opera Carlo Fuortes di fronte ad un pubblico già seduto. «Chi vuole può andare via — ha detto — e farsi rimborsare il biglietto questa sera stessa». E in molti lo hanno fatto. «Meno male che si doveva ripartire dalla cultura», ha gridato qualcuno; «tutto ciò ha il sapore della farsa», hanno sussurrato in molti mentre abbandonavano le gradinate.

LE PROTESTE


dell’orchestra e delle maestranze erano iniziate già da giorni, perché restava il nodo della dotazione organica che invece di essere risolto è degenerato in una vertenza e poi in sciopero. L’accordo dei musicisti con la direzione del Teatro dell’Opera è stato siglato da una parte dei sindacati (Cisl e Uil), ma non da Cgil e Uil, e sono loro che hanno annunciato lo sciopero. Sciopero che a questo punto non è chiaro se e quanto andrà avanti. Molte le contestazioni a Fuortes da parte dei sindacati ‘ribelli’, appunto Chil e Cisal: i 4.000 invece dei promessi 5.000 posti nella ampliata platea di Caracalla (lo scorso anno erano 3.500), il temuto taglio di 120 posti di lavoro senza alcuna riduzione dei costi artistici e di allestimento, la mancanza di un piano triennale aziendale di rilancio per altro previsto dalla legge Bray. «E’ molto triste che sia saltata una prima come questa — ha commentato l’assessore alla Cultura della Regione Lazio, Lidia Ravera —, i lavoratori avranno i loro motivi ma io sono molto dispiaciuta per Fuortes che sta facendo un grande lavoro di efficienza amministrativa e correttezza verso i lavoratori».