MILANO, 3 febbraio 2014 - Spremuti dalle tasse. Che spuntano dietro ogni atto della nostra vita (dal lavoro alla casa, dal pieno di benzina alle bollette di luce e gas) e di cui spesso non sappiamo che fine fanno. Perché non sempre un’imposta o una multa stradale viene utilizzata per lo scopo per cui è stata introdotta. E viene assorbita da una spesa pubblica che ha ormai superato gli 800 miliardi. Il caso più eclatante rimane quello delle accise sulla benzina che versiamo ancora come contributi per una lunga serie di tragedie nazionali dal disastro del Vajont all’alluvione di Firenze, i terremoti in Belice, Friuli e Irpinia, missioni internazionali in Bosnia e Libano e, andando indietro nel tempo, persino la guerra d’Etiopia del 1935. Accise mai cancellate che assicurano complessivamente all’Erario, compresa l’Iva al 22%, un incasso annuo dai carburanti che nel 2013 è stato di circa 35,5 miliardi. Uno in meno, per il calo dei consumi di benzina e gasolio, rispetto al 2102, ma, avverte Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor, già a partire da marzo sono previsti nuovi aumenti delle accise che da qui al 2017 faranno lievitare le entrate fiscali di 1,3 miliardi.

Misteriose anche le altre imposte che gravano sulle quattro ruote. Nel 2012, secondo i calcoli dell’Anfia, la filiera dell’automotive ha versato allo Stato 72,73 miliardi compresi i 6,6 del bollo incassato dalle Regioni. Secondo uno studio della Fondazione Luigi Guccione, il ‘tesoretto’ delle multe, che vale circa 2 miliardi l’anno (1,6 dalle polizie locali e 400 milioni da quelle nazionali), non viene utilizzato, come prevede il codice della strada, riservando il 50% degli incassi per migliorare la sicurezza, la segnaletica, le strade e i controlli. Tanto che, denuncia sempre la Fondazione, tra il 2006 e il 2010 lo Stato ha speso in media solo 30 milioni l’anno per la sicurezza stradale. Un altro mistero, con relativa denuncia sempre della Fondazione Guccione, riguarda il contributo (10,5%) sulla Rc Auto per il rimborso al Servizio sanitario nazionale (che insieme con le imposte sulle polizze assicurano a Stato ed enti locali oltre 4 miliardi ) che andrebbe destinato alle vittime della strada. Ma la richiesta di avere dati sull’uso di questi fondi avrebbe incontrato, da anni, con un rimpallo tra ministeri (dalla Salute all’Economia) un vero e proprio muro di gomma. E da quest’anno il contributo al Ssn non si può più dedurre dalle imposte.

Curioso è anche il destino della nuova tassa di soggiorno inventata per rimpinguare le esauste casse dei Comuni. Introdotta per finanziare il patrimonio storico-culturale e migliorare l’offerta turistica, in realtà verrebbe utilizzata anche per altri scopi. A Venezia, per esempio, come riportava qualche tempo fa il quotidiano Il Gazzettino, nel 2013 figuravano nel bilancio comunale 270mila euro usati per il «costo del personale del servizio cerimoniale».

L’elenco potrebbe allungarsi con le voci nascoste nelle bollette di luce e gas (per cui finanziamo anche le aziende energivore piuttosto che i bonus sociali per le famiglie a basso reddito) o quelle dell’acqua, dove per anni c’è chi ha versato il canone per la depurazione anche se mancavano le fognature e per cui, ricorda Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori, si può ottenere il rimborso del maltolto.

Il problema, chiosa Pasquale Mirto, dirigente comunale del settore tributi dell’Unione dei Comuni modenesi dell’area nord, è che sono pochissime le tasse per cui la legge prevede una stringente finalizzazione. Le locali si limitano a quella sui rifiuti, all’imposta di scopo per realizzare opere pubbliche e a quella di soggiorno. Il resto finisce nel calderone dei bilanci. E così continuiamo a pagare sempre più imposte senza mai sapere il perché.

Achille Perego