Giulia Bonezzi
MILANO
TRASFORMARE

la morte in vita, facendo dell’Hiv, il virus dell’Aids, un veicolo di speranza per bambini condannati da due malattie genetiche senza scampo. Ci sono voluti 17 anni e il lavoro di oltre 70 ricercatori per passare dall’intuizione di Luigi Naldini, oggi direttore del Tiget, l’Istituto San Raffaele-Telethon di Milano, a una terapia genica efficace. In un’intervista per la campagna Telethon del 2010, l’anno in cui è iniziata la sperimentazione clinica, una ricercatrice si commosse pensando ai bimbi visti morire «senza poterci fare nulla. Se funziona, mi sentirò soddisfatta di essere stata al mondo». Tre anni dopo, quando la cura che utilizza i vettori lentivirali derivati dal virus Hiv per correggere le cellule staminali ematopoietiche (quelle che generano gli elementi del sangue) da reiniettare nei pazienti con la versione «buona» del gene in loro difettoso ha restituito un futuro a sei piccoli dai tre ai nove anni (altri 10 sono in cura), Alessandra Biffi pensa solo a lavorare.
È la coordinatrice dello studio sulla leucodistrofia metacromatica, pubblicato su Science insieme a quello condotto da Alessandro Aiuti sulla sindrome di Wiskott-Aldrich.

CI LAVORA


dal 1999, con un gruppo man mano ingrandito di 14 persone, tutte donne, dell’Unità di ricerca clinica pediatrica del Tiget. In quattro a tempo pieno. La terapia per la leucodistrofia è la più complessa: «A differenza della sindrome di Wiskott-Aldrich, che colpisce direttamente il sangue — spiega Biffi —, è una patologia del sistema nervoso». Il sangue, qui, è un veicolo per raggiungere il cervello e rilasciare una proteina, la Arsa, che nei malati è deficitaria e provoca l’accumulo nel sistema nervoso di sostanze, chiamate sulfatidi, che danneggiano irreversibilmentela mielina. «L’idea in più — continua la scienziata — è stata creare cellule “superproduttrici”». Come? Inserendo, in laboratorio, più copie del gene Arsa sano nelle cellule ematopoietiche dei pazienti, «che così producono, in sicurezza, grandi quantità di proteina. È una delle prime terapie che riescono a sfruttare pienamente le potenzialità dei vettori derivati dall’Hiv».

DOPO LA CURA,

la maggior parte delle cellule nel sangue del paziente contengono il gene buono. «Per la prima volta si è riusciti a fare prevenzione, trattando bambini che non avevano ancora presentato i sintomi, o che erano agli esordi della leucodistrofia. Il Tiget ha avviato contatti per trovare un partner industriale e rendere la cura accessibile a molti pazienti». Intanto, la ricerca va avanti: «Nel giro di un anno partiranno altre due sperimentazioni cliniche, sulla mucopolisaccaridosi di Tipo I (un’altra malattia neurodegenerativa) e sulla talassemia». Sostenute da Telethon, che ha investito 19 milioni di euro nel successo clinico appena ottenuto. «Ci serve ancora l’aiuto dei donatori».