Pino Di Blasio
SIENA
IL BATTESIMO

conta per tutti, anche per una banca. Soprattutto se si fregia del titolo di forziere più antico del mondo. La data di nascita del Monte dei Paschi, scolpita sul marmo e sulle felpe, è il 27 febbraio 1472. Con una delibera del consiglio del Comune di Siena, approvata con 196 voti favorevoli e 4 contrari, quel giorno di 540 anni fa venne fondato il Monte Pio. C’erano stati dei precedenti, monti di pietà creati dai francescani per dare risposte ai «poveri uomini di cui sono mangiate le ossa da una grande usura». Ma nel 1472 prende forma il primo Monte di Pietà ‘laico’, creato da un Comune, l’imprinting genetico della banca senese. Nei volumi «Cinque secoli di Monte», curati da Giuliano Catoni e Roberto Barzanti, questa tipicità viene esaltata.

IL MONTE

Pio di Siena vive tra alti e bassi, conosce il disastro della caduta della Repubblica nel 1559, riprende la sua attività con un «rescritto granducale» del 14 ottobre 1568. Il Monte dei Paschi moderno, con la sua dicitura originale e una metamorfosi pienamente bancaria, nasce nel 1624, sotto il granduca Cosimo II. Che, dopo aver ricevuto petizioni dai senesi, autorizza la ricostruzione della banca e mette a garanzia dei titoli, con rendita annuale del 5%, i pascoli («paschi») della Maremma. Con quell’autorizzazione prende forma anche l’abitudine di distribuire, ogni 5 anni, per opere pie, gli utili netti della banca. Metà vanno alla città, come ricordano Barzanti e Catoni, metà al contado. Altra pietra miliare, la nascita della deputazione. Il granduca Pietro Leopoldo crea una holding, riunifica tutti i Monti e crea un organo di vigilanza, in stretto rapporto con il Comune. Quell’anno nasce anche il Comune moderno, la comunità civica. E ogni tre anni dovrà eleggere gli 8 deputati dei Monti riuniti.
Dal Granducato al Regno d’Italia, con il regio decreto dell’8 dicembre del 1872, che ribadisce che «il Monte dei Paschi è un’istituzione della città di Siena, il Comune ne ha la soprintendenza, la direzione e tutela». Sotto il Regno il Monte è una municipalizzata, il Comune assume anche gli impiegati. L’ennesimo scossone arriva negli anni Trenta, sotto il Duce.

LO SCANDALO


della Banca Romana, che non coinvolse il Monte dei Paschi per l’acume dei suoi amministratori, portò in dote ai senesi la Banca Toscana. Ma li costrinse a un braccio di ferro con i legislatori del regime, chiamati a mettere ordine nelle banche. Dopo la legge bancaria del 1936, che inserisce il Monte tra i sei istituti di diritto pubblico, il nuovo statuto scinde i poteri del presidente e del provveditore. E stabilisce che il presidente sarà nominato dal capo del Governo, tra i deputati aventi domicilio in Siena o nella provincia. E’ una delle vittorie del podestà di allora, Fabio Bargagli Petrucci, che allevia gli effetti di uno scippo romano. Storie che saranno ripetute fino alla nausea durante la discussione sull’applicazione della legge Amato.
Il Monte
dei Paschi è l’ultima banca di diritto pubblico che si trasforma in società per azioni, nel 1995. Crea per partenogenesi anche la Fondazione, che ha in cassaforte il 100% delle azioni e, grazie a uno statuto costruito ad arte per esaltare la proprietà senese, assegna 13 dei 16 membri della deputazione al Comune e alla Provincia (scelti direttamente dal sindaco e dal presidente). Nel 1999 arriva la quotazione in Borsa, con il collocamento del 28% delle azioni e con i valori che schizzano da 3,85 a 5,20 euro. La storia del Monte, banca e Fondazione cammina su binari paralleli. Con le campagne di acquisizione di Banca Agricola Mantovana (1998, pagata 900 miliardi di lire), che consentì al Monte di diventare riferimento della razza padana di industriali, come Colaninno, Marcegaglia e Gnutti. Il 1999 è l’anno della Banca del Salento, con il Monte che «conquista» l’istituto salentino pagando 2.500 miliardi di lire, dopo un’asta con il SanPaolo. Ma scopre subito di essere conquistato dal Salento, visto che Gorgoni e Semeraro, proprietari della banca leccese, diventano azionisti e consiglieri di Mps, e lo scaltro direttore generale Vincenzo De Bustis sale sulla poltrona più alta a Rocca Salimbeni. Tra acquisizioni celebrate e altre nozze che naufragano (Bnl, Intesa-SanPaolo), si arriva al blitz di Antonveneta e ai 9.3 miliardi di euro pagati per una banca «che non valeva più di 2,3 miliardi» (copyright Tommaso Di Tanno). Dopo tanti matrimoni un affare che ha il sapore di un funerale.