«MI HANNO chiesto di pagare per vedere i miei figli». Marinella Colombo, la mamma milanese arrestata e scarcerata dopo ventiquattr’ore (con obbligo di firma settimanale), racconta il suo calvario. Al centro della vicenda giudiziaria tra Italia e Germania per l’affido dei due figli dopo la separazione dal marito, la donna ripercorre i nove mesi passati senza Leonardo e Nicolò, 12 e 8 anni, prelevati a scuola dai carabinieri l’8 maggio 2009 per essere ‘restituiti’ al padre tedesco. E del suo blitz in Germania, a febbraio, quando li ha «presi», così dice, e portati in un «posto sicuro», all’estero, «con l’aiuto degli amici». «Non li ho rapiti — insiste —. Ho sempre fatto le cose nella legalità, ma mi sono scontrata con un Paese che considera i bambini proprietà dello Stato».
Riusciva a parlare con Leonardo e Nicolò quando erano col padre?
«Al telefono un paio di volte, sempre in vivavoce. A novembre, gli avvocati del mio ex marito mi hanno proposto di incontrarli per qualche ora in Austria, dietro il pagamento anticipato di 700 euro».
Per cosa avrebbe dovuto pagare?
«Per un ‘controllore’, scelto da loro. Temevano che li rapissi. Un ricatto al mio amore di madre, e un tranello per farmi arrestare. Non sono andata».
Quindi non li ha visti mai?
«Non proprio: in Germania, per riprenderli, non sono andata una volta sola».
Rischiava l’arresto.
«Piuttosto che rinunciare ai miei figli ho rischiato».
Che avete fatto negli ultimi otto mesi?
«Una lunga vacanza, abbiamo visto un sacco di posti, siamo stati insieme».
Leonardo e Nicolò vanno a scuola?
«Studiano, il programma della scuola italiana. Hanno preparato gli esami per essere riammessi. Adesso cominciano a chiedermi quando potranno farli. Loro vogliono vivere in Italia, a Milano. Qui hanno la famiglia, gli amici e potrebbero vedere anche il padre».
Che rapporti ha con lui?
«Nessuno. Ma la colpa non è sua: è delle autorità tedesche, per quello che gli permettono di fare».
I suoi figli sanno che è stata arrestata?
«Spero di no. Comunque è l’ennesima conferma di quello che dico da due anni. Ero andata in tribunale di mia iniziativa, mi hanno trattenuta per ore prima che i tedeschi informassero gli italiani di aver emesso un nuovo mandato d’arresto. Così i processi si moltiplicano».
Lei era scappata.
«Io non scappo. Non me ne sono andata dall’altra parte del globo. Sono tornata in Italia perché ho fiducia che sia fatta giustizia. Chi mi ha arrestata l’ha fatto controvoglia, le compagne di cella mi hanno prestato il pigiama, fatto il letto e il caffè. Sono i tedeschi che strumentalizzano le nostre leggi».
C’è qualcosa che non rifarebbe?
«Nulla. Anzi, sì: sposarmi con un tedesco».