Presidenza Camera e Senato, il conclave in ordine sparso

Le scadenze si avvicinano ma i partiti ancora non riescono a trovare intese certe. Si deciderà all'ultimo

Luigi Di Maio e Matteo Salvini (Ansa)

Luigi Di Maio e Matteo Salvini (Ansa)

Roma, 19 marzo 2018 - A tre giorni all’avvio ufficiale della legislatura siamo di fatto nella stessa situazione di due settimane fa, all’indomani del voto del 4 marzo: si sa chi ha perso le elezioni, si sa chi ha vinto ma non è chiaro chi possa avere la possibilità di formare un governo. Si sperava che il tempo avrebbe portato consiglio, che con il passare dei giorni l’orizzonte si sarebbe fatto più definito e invece le bocce sono più o meno ferme. Certo, qualcosina tra Lega e Cinquestelle si è mosso, per lo meno per le presidenze delle camere, Forza Italia ha fatto muro a un governo grillino e cercato di uscire dall’abbraccio mortale Lega-M5S, nello stesso Pd le acque si sono un tantino agitate ma insomma niente di risolutivo. L’impressione è quella iniziale, ossia che sarà una crisi lunga, in cui saranno necessari alcuni tentativi per sbrogliare la matassa e smuovere le reciproche resistenze. E’ indispensabile forse che il ballo debba prendere il via, perché saranno le scadenze programmate - elezioni delle alte cariche istituzionali e inizio delle consultazioni ufficiali - a indurre i partiti ai passi decisivi, e metteranno in condizione il Capo dello Stato di esercitare i poteri a lui concessi dalla Costituzione, mai come in casi del genere fondamentali. Il presidente della Repubblica non potrà forzare la situazione ma certamente potrà mettere i partiti e i loro leader di fronte alle proprie responsabilità. Finché il fischio di inizio non viene dato tutti si sentono ancora nel riscaldamento e non scoprono le carte.

La situazione cambia quindi di ora in ora, ciò che è vero adesso domattina è superato, nessuno si fida di nessuno, tutti hanno le mani in più tavoli e il gioco che più ricorda l’attuale fase politica è quello delle tre carte. Tre come i poli in campo. Tant’è che l’ipotesi al momento più probabile per le presidenze di Senato e Camera è Lega/M5S (o M5S-Lega) ma non ci sarebbe da stupirsi se alla fine a salire sugli scranni più alti di palazzo Madama e Montecitorio fosse qualcuno di Forza Italia o addirittura un esponente del Pd. Il totonomi che nessuno smentisce non è mai stato così variegato, e riguarda almeno una quindicina di esponenti delle varie forze in campo. Tutti papabili allo stesso modo. Dalla Bonino alla Bongiorno, passando per Romani a Toninelli, Calderoli, Carelli, Giorgetti, Fraccaro, Gelmini, senza dimenticare i big che sono comunque in campo, Salvini e Di Maio, anche loro accreditati per le due poltronissime in palio. L’impressione è che un contesto così fluido impedisca che la partita per le presidenze possa essere decisa in anticipo, e che qualcuno cerchi di forzare la mano già dalla votazione per il Senato prevista da venerdì (al pari della Camera, ma per il Senato entro sabato si chiude con il ballottaggio). Magari senza un vero accordo che le assegni  prima dell’inizio delle votazioni e con la possiblità che le circostanze si ingarbuglino ancora di più. Con il bipolarismo della seconda repubblica ci eravamo in un certo senso «abituati bene», e già dal momento del voto per lo meno i presidenti delle camere erano più definiti. Adesso la musica è cambiata. Il conclave parte senza papi, e neppure senza cardinali.