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"Siamo pronti a mediare, non a farci commissariare" è il mantra di palazzo Chigi. Altrimenti l’esecutivo non c’è più. Né il premier accetterebbe ipotesi di appoggi esterni: se il Movimento 5 Stelle intendesse strappare la strada sarebbero le elezioni. Per ora, nessuno ci crede. Non che, nel governo, non ci siano timori. Si aggirano già parole come "verifica", "rimpasto", "crisi". Il M5s scarica Di Maio. "Non ti cacciamo, vattene tu" Del resto, se Di Maio desse vita a nuovi gruppi parlamentari ci sarebbe "un fatto nuovo": Draghi non potrebbe non tenerne conto, il Capo dello Stato neppure. Di Maio resterebbe ministro e sempre agli Esteri? Per Draghi sì, non ci piove. Non è pensabile cambiare un ministro con una crisi internazionale in corso o delegittimarlo. Ma il M5s, non più rappresentato da Di Maio, al governo, che farebbe? E gli altri partiti? Facile prevedere almeno un rimpasto, nuovi assetti di coalizione, un nuovo passaggio alle Camere per la fiducia, oltre a quello – doveroso – al Colle. Mattarella da tempo ha fatto sapere che l’Italia resta fedele alla sua tradizione di politica estera europeista e atlantista e attende il voto in Parlamento alla vigilia del vertice Ue, prima del quale incontrerà al Quirinale, come di consueto, Draghi e i ministri interessati ai temi in agenda. Ma prima del verificarsi dello scenario “fine di mondo“, meglio non fasciarsi la testa. A palazzo Chigi lavorano sul day by day e l’accordo tra i partiti di maggioranza (che si vedranno oggi per stilare il testo definitivo) sulla risoluzione sull’Ucraina, in buon parte, è già scritto. Opera del sottosegretario agli Affari Ue, Enzo Amendola, non contiene nessun riferimento allo stop alle armi, ma l’impegno a un maggiore sforzo diplomatico nell’approccio alla guerra oltre a recepire l’ordine del giorno del Consiglio Ue. Sull’intesa, però, incombe ...
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