Venezia, 7 ottobre 2012 - Toh, chi si rivede: la Lega. Frullata dagli scandali familiardi che sono costati la segreteria a Bossi, a rischio implosione per la lotta tra correnti vecchie e nuove, tra lombardi e veleni, tra autonomisti e secessionisti, tra duri-puri e ascari di Formigoni, miracolosamente rimessa in gioco dall'inchiesta sul Consiglio regionale del Lazio con il suo contorno di feste porcine e sprechi da basso impero, la Lega torna ad agitare i vessili del Nord nel rituale appuntamento in Laguna. Niente ampolle né gargarismi stile Senatur, stavolta. Questa è la Lega di Maroni: urla come prima, certo, ma al tempo di Fiorito e delle porchette anagnine pare ritrovare il piacere dell'azione e persino una ragione sociale. Il ‘Va pensiero’ dal Nabucco di Giuseppe Verdi, intonato dai militanti sotto il mega palco in Riva dei Sette Martiri, scandisce il rinnovarsi di propositi antichi e mai realizzati in anni e anni di governo del Paese con l'ex alleato Berlusconi. Secondo gli organizzatori, sono arrivati a Venezia 269 pullman, 26 in più dello scorso anno, più 3 treni speciali, da Milano, Bologna e Trieste e decine di macchine a matricola padana.

MARONI - “Oggi è una festa che vale doppio: la nostra festa contro chi voleva la Lega morta, invece siamo vivi più che mai. Siamo unica forza politica seria che osteggia il governo Falli-Monti” esordisce dal palco il neosegretario federale Roberto Maroni. “Avverto grande responsabilità ed emozione a parlare da questo palco da segretario federale con i giovani che ho voluto qua perché sono il nostro futuro - sottolinea l'ex ministro dell'Interno -. C’è tantissima gente, il solito giornalista diceva che quest’anno a Venezia non ci sarà nessuno invece il popolo della Lega non molla mai. Siamo molti di più dell’anno scorso", si compiace. Illustrando i 12 punti di 'Prima il Nord!', il manifesto economico della Lega per la riforma federale e fiscale, Maroni sogna l'Euroregione del Nord, prezioso scrigno ove custodire e far fruttare "almeno il 75% delle tasse pagate dai cittadini e dalle imprese, mentre oggi regioni come Veneto e Lombardia non trattengono più del 35%". Dopo cinquant'anni e più di mantenimento di altri, vogliamo mantenerci meglio noi - esplode Maroni -: sì all'Euroregione, ma a condizione che diventi a statuto speciale e possa trattenersi quel 75% pagato dai contribuenti padani". "Voglio milioni di firme dei cittadini padani per bussare al Parlamento di Roma e dire: questo è il popolo sovrano - è il desiderio di Maroni -. Non ci credo più che sia Roma a concedere, sul federalismo ha messo il freno a mano, anzi, la retromarcia". Ed ecco l'esempio fulminante: "I 900 milioni alla Sicilia sono un regalo vergognoso a una regione che ha sballato i conti, giusto perché tra poco in Sicilia si vota', osserva il segretario  del Carroccio. Segue attacco a Mario Monti, varesino anomalo 'E' tutto come nella Prima Repubblica di Cirino Pomicino - aggiunge Maroni - ma stavolta tutto è fatto da gente del Nord ed è quindi ancora di più contro il Nord''.  ''Noi abbiamo deciso di seguire la via gandhiana all' indipendenza, la non violenza - ricorda il segretario alle camicie verdi - ma, di fronte agli schiaffi che il governo Monti dà al Nord, chiedo a Pdl e Pd che cosa hanno da dire su questo regalo alla Sicilia''.

BOSSI - “Se le banche non danno i soldi allora li dia lo Stato anche se si scontra con una legge europea”, propone l'ex leader Umbero Bossi:  “L’Europa va cambiata e bisognerebbe tornare all’idea dei fondatori dell’Europa: una Europa dei popoli e delle regioni". Minaccia il presidente (onorario) del Carroccio: "Monti è ora che vada a casa, altrimenti il Nord si muoverà. Non possiamo essere oppressi da questi piccoli tiranni. Non è certo esempio di democrazia. La democrazia non sta a Roma ma in Svizzera”.

SALVINI - “Nord perbene dacci una mano o ce la facciamo adesso o non ce la facciamo più”, prega dal palco il segretario della Lombardia, Matteo Salvini. “Lancio un messaggio a Roberto Formigoni: Se vuoi continuare a fare il presidente della Lombardia o ci dai retta e togli i ticket sanitari e aiuti le imprese agricole o tutti a casa e ridiamo la parola ai cittadini”. Salvini tocca tutte le corde dell'emiotività padana: "Siamo in guerra, abbiamo gli imprenditori suicidi e la gente che non ce la fa. Il nemico non è in sezione, è a Roma. Bossi e Maroni sono la garanzia che non ci ferma nessuno e li ringrazio”. Intanto, il partito torna a espandersi: "Presto avremo 12 nuove sedi - nel Bresciano, a Como, Mantova - tutte aperte da volontari. Non ci ferma più nessuno. Il nostro problema non sono Renzi, Grillo o Monti. Noi guardiamo in casa nostra e abbiamo un grande progetto. Se vinciamo o se perdiamo, non dipende dai giornalisti che non ci danno spazio o dal Pd o Pdl: dobbiamo decidere noi se vincere o perdere la partita. Mi auguro che da qui al 7 aprile le sezioni della Lega si aprano”, ha concluso.

TOSI - “La nostra proposta è di liberare il Veneto, chiunque porti avanti battaglie per l'autonomia Veneto è nostro fratello - spiega il sindaco di Verona Flavio Tosi, come sempre applauditissimo -. Abbiamo Zaia alla guida del Veneto e Cota a quella del Piemonte, speriamo di avere prima possibile la guida della Lombardia. Sarebbe la realizzazione del nostro disegno". Già. "Prima il Nord” insiste Tosi: "Il nemico sta a Roma e il Nord deve lottare unito contro il nemico romano. Ora Il Governo cerca di mettere ordine in regioni che hanno sempre rubato. I nostri amministratori sono cosa ben diversa da un certo modo di fare politica. Noi abbiamo sindaci dei nostri territori che fanno gli accalappiacani, guidano il pulmino per portare bambini a scuola. Roma ci ha messo alla canna del gas, anche con Tremonti ministro abbiamo subito la stessa sorte. Il Pdl si lamenta, poi a Roma vota qualsiasi provvedimento del governo. Vorrei vedere colleghi Pd e Pdl che vanno a dire al loro governo cosa sta facendo a noi e a tutti e voi. La manovra che ha colpito di più i nostri Comuni è la manovra Salva-Italia che ci sta massacrando” strappa l'applauso Tosi che, solo a questo punto, decide di vibrare il colpo identitario: "Il governo Monti vuole costringere il nostro Veneto a una guerra tra poveri. Ma noi non possiamo rinunciare alla nostra identità per ridurre le spese dello Stato. A Roma fanno i maiali con i nostri soldi e poi dicono ai rodigini se vogliono andare sotto Verona e ai bellunesi che la loro provincia non esiste più. No, la Lega non ci sta: l'identità è sacra e non si tocca. Chi è veronese è di Verona, chi è bellunese è di Belluno e chi è del Polesine è di Rovigo''.

CALDEROLI - La Lega ha un programma di 12 punti deciso al suo congresso, un programma che ascolta le famiglie e le imprese" sottolinea l'ex triunviro feddele a Bossi: “Gli altri pensano alle primarie o a smontare un partito per poi rimontarlo, noi invece abbiamo fatto il congresso e ora abbiamo un programma”. In aprile si andrà al voto.. "E noi come Lega - spiega Calderoli - abbiamo fatto tante proposte per superare i diktat incrociati che ci sono tra Pd e Pdl: mercoledì si vedrà un testo ma è da giugno che chiediamo un confronto ed ora siamo ad ottobre. Perciò - conclude - finché non vedo non credo”.

COTA - “Noi il federalismo non lo abbiamo mai avuto, perché nostri territori non hanno mai avuto risorse per fare politiche per nostre aziende e nostri cittadini” si lamenta il governatore del Piemonte, Roberto Cota. “Dobbiamo costruire la macroregione del Nord, solo così il 75 % delle risorse rimarrà nei nostri territori. Al governo delle regioni stiamo cercando di far passare questo messaggio e dare dei segnali di governo”.

ZAIA - “Se qualcuno si arrabbia qui non è perché abbiamo bevuto un’ombra (ndr, la versione veneta di bicchiere)di troppo come dicono certi cialtroni. La nostra Costituzione è già federalista, quindi o mi dai l’autonomia o me la prendo. Serve un  federalismo di geometria variabile”, grida il governatore del Veneto, mentre i militanti urlano ‘secessione, secessione’.“E’ scandaloso dare alla Sicilia 900 milioni di euro - tuona  Zaia -.  Con le vicende degli sprechi nelle regioni, ci sono regioni di serie A e regioni di serie B. Persone perbene e persone che devono essere mandate a casa a calci nel sedere. Noi veneti - prosegue - non siamo più disponibili ad accettare patti di stabilità, un’invenzione italiana di quei quattro premi Nobel che stanno a Roma per far pagare al Nord i debiti del Sud”.