di Alberto Mingardi

Roma, 28 agosto 2012 - La pressione fiscale in Italia è troppo elevata e pertanto rappresenta un freno per la nostra economia. Ce lo hanno ricordato due autorevoli ministri del governo Monti, Corrado Passera ed Elsa Fornero. È doppiamente sorprendente, allora, che l’offensiva d’autunno del governo cominci con l’annuncio di una nuova tassa: un mini-balzello sulle bibite gassate. Non è ancora chiaro come il ministro Balduzzi intenda tassare le bevande ipercaloriche: bisognerà aspettare il testo del provvedimento-omnibus sulla sanità al quale sta lavorando. Gli obiettivi dichiarati sono due: nuove entrate per lo Stato e lotta a comportamenti ritenuti pericolosi, sul piano della salute, con conseguente aggravio di costi per il servizio sanitario nazionale.

Una tassa sulle bevande gassate e zuccherate centrerebbe il primo punto con facilità, come sempre quando si vanno a colpire consumi diffusi e per nulla elitari. La vera questione è se l’ambizione ‘salutista’ sia o meno un’obiettivo politico legittimo, per il fisco Passera e Fornero hanno ricordato agli italiani un fatto di cui questi ultimi sono consapevoli: quanto i loro redditi siano falcidiati dalle tasse. Al danno però si aggiunge la beffa quando, sottrattaci una quota così rilevante dei nostri guadagni, lo Stato pretende anche di dirci come spendere i quattrini che ci rimangono in tasca. Il ministro della sanità sosterrà che la diffusione di stili di vita più sani avrà effetti positivi sui conti dell’SSN. L’aggravio di prezzo delle bibite gassate servirebbe a rendere più morigerati coloro che le bevono. Sta bene.

Ma se accettiamo che il principio per cui la politica fiscale è uno strumento complementare all’educazione alla salute, allora perché non eroghiamo sussidi a chi fa lunghe camminate in montagna, o corre più di 5 km al giorno, o pratica regolarmente attività fisica in palestra? Tutte queste cose hanno un effetto più rilevante, sulla buona salute degli italiani, del calmierare i consumi di gazzosa. Se si ritiene sensato colpire fiscalmente un comportamento dannoso, a rigor di logica andrebbe anche incentivato un comportamento virtuoso. In realtà la politica fiscale non è uno strumento appropriato per renderci più sani e più belli. Le imposte dovrebbero essere il prezzo dei servizi che ci vengono resi dallo Stato: non un modo per spostare risorse dai consumi ‘cattivi’ ai consumi ‘buoni’. Anche perché la lista degli uni e degli altri potrebbe risultare talmente lunga, da lasciare davvero poco spazio per la libertà individuale.

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