{{IMG_SX}}Roma, 30 novembre 2007 - L'incontro era stato preparato nei particolari, ogni parola da dire in pubblico è stata soppesata per permettere ad entrambi i protagonisti di incassare il massimo risultato mediatico e non c'è dubbio che l'operazione sembri riuscita.

 

Walter Veltroni può rivendicare il merito di aver avviato il dialogo sulla legge elettorale senza apparenti trappole per il governo, avendo convinto Silvio Berlusconi a non porre la "pregiudiziale" della caduta di Romano Prodi; il leader del Pdl si riprende definitivamente il ruolo di king maker nel centrodestra, posizione che An e Udc avevano provato a mettere in discussione nelle scorse settimane, e continua a ripetere che il suo obiettivo è un rapido ritorno alle urne, anche se non lo pone come condizione a Veltroni. L'asse tra i due sembra prendere forma, anche se il cammino della legge elettorale è appena all'inizio e dovrà ora essere verificato alla prova del Parlamento.

 


Di sicuro, sono più diffidenti che mai gli alleati, sia di Veltroni che di Berlusconi, mentre il presidente del Consiglio resta assai prudente e non concede più di una frasetta: "Non ho nessun commento da fare, ho sentito Veltroni ed era soddisfatto". Salvo aggiungere: "E' un inizio di dialogo, ripeto: un inizio".
Il parisiano Franco Monaco invece vede il bicchiere mezzo pieno, anzi, quasi vuoto: "Berlusconi pretende il voto subito e si nega alle riforme costituzionali coessenziali a una nuova legge elettorale. E questa sarebbe disponibilità al confronto? Su queste basi si rischia di fare solo ginnastica".

 

La perfetta sintonia tra le dichiarazioni di Berlusconi e Veltroni conferma la lunga preparazione dell'incontro e della comunicazione pubblica dell'evento.

Berlusconi non ha messo in difficoltà Veltroni con richieste "imbarazzanti", non solo non ha chiesto di fissare la data delle elezioni, ma non ha nemmeno chiuso categoricamente sulle riforme: certo, ha spiegato che secondo lui non si possono fare, ma per motivi di "tempo", perché della necessità di farle è convinto anche lui, "come dimostra il fatto che le avevamo approvate nella passata legislatura".
Insomma, non un no di principio, una chiusura che sembra più che altro dettata da ragioni tattiche e che lascia intravedere la possibilità di future evoluzioni.

 

Di fatto, anche ambienti prodiani ammettono che "Walter è stato abile", anche se aggiungono che di Berlusconi non ci si può mai fidare. Peraltro, Fi non solo ha dato l'ok al dialogo sulla legge elettorale, ma si è anche detta pronta a rivedere i regolamenti parlamentari, passaggio fondamentale nel caso in cui il dialogo sulla legge elettorale si bloccasse e si dovesse arrivare al referendum.

 

Certo, gli alleati dell'Unione temono sempre più la morsa Fi-Pd. Il Pdci, dice che Berlusconi ha solo uno scopo, "far cadere Prodi", e aggiunge: "Altro che riforme per il bene del Paese! L'incontro di oggi è stato un'esperienza utile per il Partito democratico".

Clemente Mastella nega che si possa parlare di dialogo se Fi dice no alle riforme, Enrico Boselli parla di "commedia degli inganni", convinto che Berlusconi voglia solo "andare alle elezioni al più presto con la legge che c`è o, al massimo, con quella pessima che potrebbe uscire dal referendum", mentre Franco Giordano avverte: "la legge elettorale va discussa nel Parlamento italiano, non può essere appannaggio in chiave privatistica di forze politiche seppur grandi".

 


Il perché di questo fuoco di sbarramento è fin troppo evidente, e bastano le parole di Veltroni per spiegarlo: "Cerchiamo la convergenza di tutte forze, su un sistema che abbia base proporzionale. Le modalità sono le più diverse e si cercherà in Parlanmento una soluzione". Precisa il segretario del Pd: "Mi sembra ci siano condizioni per un consenso che non sarà al 100%, ma non lo è stato neanche in altre circostanze".

 

Insomma, è chiaro che la legge elettorale scontenterà qualcuno, e quel qualcuno sono ovviamente i piccoli partiti. Non la Lega, che con un sistema tipo 'Vassallum' o spagnolo sarebbe tutelata, ma certo tutti i 'cespugli' dell'Unione. E non si sente tutelata nemmeno An, che continua a chiedere un vincolo di coalizione nella legge elettorale, nel timore che un Berlusconi con le 'mani libere' possa relegarli in una posizione di marginalità.

 

Di sicuro, però, tra Veltroni e Berlusconi sembra avviata una nuova fase, a giudicare dalle dichiarazioni dei due. Una fase che inevitabilmente apre scenari diversi, "se Berlusconi fa sul serio", come dice un esponente dell'Ulivo.

 

LA CONFERENZA STAMPA DEL CAVALIERE

E' stato Berlusconi il primo a uscire davanti ai cronisti per l'inevitabile conferenza stampa: "Ho ribadito la mia disponibilità al confronto per andare alle elezioni il prima possibile, come chiede la maggioranza degli italiani", ha detto.

Quindi "disponibilità immediata a discutere sulla legge elettorale", ma non sulle altre riforme chieste da Veltroni. Quanto al modello di legge elettorale, Berlusconi riferisce: "Concordiamo su diversi punti sul modello proposto da Veltroni, il proporzionale con lo sbarramento, una sola scheda".

Quanto all'ipotesi di Governissimo, Berlusconi ricorda: "La notte stessa delle elezioni avevo fatto l'offerta di una grossa coalizione, ma la sinistra si è appropriata di tutte le istituzioni. Ora dopo un anno e mezzo di cattivo governo non mi sentirei di esporci al rischio di condividere scelte".

 "Abbiamo parlato anche le minacce di Bin Laden: mi è stata espressa la piena solidarietà. Non ho ricevuto telefonate dal presidente del Consiglio, non vorrei che avesse telefonato a Bin Laden..."

E la data delle elezioni? "Non l'abbiamo messa come pregiudiziale perché riguarda il presidente della Repubblica. Ma dentro di noi, una volta messa a punto una legge elettorale, pensiamo sia opportuno sciogliere le camere e andare a nuove elezioni". Quanto poi al vezzo di parlare al plurale chiosa: "Ho una grande opinione di me stesso, uso il plurale maiestatis..."

Referendum? "Non è stata evocata la possibilità, a dimostrazione della volontà di riuscire a trovare un accordo".

E i partitini? "Credo che il sistema proporzionale possa essere una risposta anche per questii partiti".

E le riforme costituzionali? Berlusconi esprime  "dissenso" perché  "non ci sono i tempi".

 

E QUELLA DI VELTRONI

"Questo incontro, salutato come eccezionale, deve essere la normalità in democrazia". E' così che Walter Veltroni inizia la sua chiacchierata con i giornalisti dopo il summit con Berlusconi.

"Berlusconi si è detto disponibile a varare la misura presentata da Franceschini sull'impossibilità di formare in parlamento gruppi diversi da quelli che si sono presentati alle elezioni".

"Sulla fine del bicameralismo - aggiunge il sindaco di Roma - c'è una sostanziale convergenza. A divergere sono essenzialmente i tempi: io penso che fare la riforma elettorale senza le riforme costituzionali sia lasciare il lavoro a metà. Sono appuntamenti non rinviabili, ne va della competitività e della possibilità di decidere della politica italiana. Inutile fare una legge elettorale che non abbia come suo corrispettivo il fatto che ci sia una sola camera che dà la fiducia".

"Qui voglio dire che mai come oggi è nella disponibilità delle forze politiche italiane dare al nostro paese regole che gli permettano di crescere. Il nostro spirito è di rispetto e dialogo verso tutte le forze politiche, indipendentemente dalla grandezza. Queste settimane - conclude il leader del Pd - hanno introdotto qualcosa di molto importante: la fine di un clima di contrapposizione ideologica e di odio. Per questo il Pd può dirsi soddisfatto di quello che è successo in Italia nell'ultimo mese".

"In 12 mesi possiamo dare al Paese regole certe e nuove: la nascita del Pd ha aiutato e giovato a questo"

IL CAVALIERE AI GAZEBO

Domani Silvio Berlusconi sarà a Palermo per visitare alcuni gazebo della città, presso i quali sarà possibile firmare le pre-adesioni al Partito del Popolo della Libertà e scegliere il nome del nuovo soggetto politico.
Prima tappa al gazebo di piazza Politeama, alle 11. Alle 15, invece, l'ex premier visiterà alcuni gazebo a Bari.