{{IMG_SX}}Los Angeles, 8 giugno 2007  - Non sono servite le lacrime per ammorbidire il cuore del giudice: Paris Hilton dovrà tornare in carcere e non potrà scontare il resto della sua condanna (45 giorni in tutto) agli arresti domiciliari tra gli agi della sua lussuosa villa sulle colline di Hollywood.

 

Per la reginetta del gossip, ereditiera dell'omonima catena di alberghi, la notizia è stata traumatica, è scoppiata in lacrime e si è messa a gridare in aula "Non è giusto, non è giusto". Quindi, visibilmente sconvolta, ha invocato la madre, seduta tra il pubblico. "Mamma, mamma". Più volte, durante l'udienza si era girata verso i genitori dicendo loro da lontano, solo muovendo le labbra: "I love you".

 

La star era arrivata in tribunale in manette verso le 13, i capellli scompigliati e senza un filo di trucco, indosso una felpa grigia e un paio di pantaloni. Tremava come una foglia e si asciugava di frequente gli occhi pieni di lacrime, tenendo sulle ginocchia un'intera scatola di fazzoletti di carta. Aveva cercato di evitare almeno questa umiliazione, di essere costretta a passare di fronte alle decine di telecamere e paparazzi appostati in sua attesa, e questa mattina aveva proposto di intervenire solo telefonicamente. Ma il giudice non le ha fatto neppure questa concessione e le ha detto di recarsi in aula di persona, con le manette ai polsi.

 

La star era stata condannata a 45 giorni di detenzione per guida senza patente, in violazione della libertà vigilata relativa ad una precedente condanna per guida in stato di ebbrezza. Ieri lo sceriffo della contea di New York Lee Baca, già criticato in passato per aver garantito un trattamento privilegiato a Mel Gibson, aveva consentito alla star l'uscita dal carcere dopo solo tre giorni, sulla base di una non meglio precisata "condizione medica". L'influente psichiatra della famiglia Hilton aveva convinto i medici che la giovane ereditiera era sull'orlo di una crisi di nervi, era profondamente depressa e rifiutava il cibo. Ma la giustificazione non ha convinto il giudice della corte superiore Michael Sauer, che ha ordinato una nuova udienza per fare chiarezza, e ha quindi deciso la revoca dei domiciliari. Sauer ha ribadito: "Non ho mai approvato l'iniziativa dello sceriffo, nè ho mai approvato la scarcerazione dell'imputata".

 

D'altra parte, il rilascio anticipato aveva scatenato una vera e propria ondata di sdegno in tutto il paese, dando adito ad accuse di una giustizia basata su due pesi e due misure. Centinaia di lettere di protesta sono arrivate in poche ore al Board of Supervisor di Los Angeles. "E' un oltraggio", ha commentato Don Knabe, uno dei membri dell'organo governativo della contea. "Dà l'impressione che per le celebrità non ci sia giustizia". "Se si fosse trattato di un ragazzo povero appartenente ad una minoranza sociale, non avrebbe ricevuto lo stesso trattamento", ha fatto eco il reverendo Al Sharpton, leader dei diritti civili della comunità afro americana.

 

Oggi i tabloid non avevano risparmiato confronti tra la vita nel penitenziario che Paris aveva lasciato - e dove ora farà ritorno - e quella dei domiciliari: una cella di 9 metri quadrati contro una villa in stile latino di 250 metri quadri, con giardino e piscina; un solo pasto caldo al giorno contro caviale e aragosta cucinati dal suo chef personale; isolamento, obbligo di andare a letto alle 22 e svegliarsi alle sei del mattino invece di vedere i suoi amici, organizzare feste, bere alcool e stare in piedi tutta la notte. A quanto pare, subito dopo la scarcerazione, Paris aveva già iniziato ad organizzare un grande party che, a questo punto, sarà costretta a rimandare.