Il sisma dopo le bombe. Profughi, dramma infinito: nuova ondata in arrivo

Nelle dieci province turche colpite dal terremoto vivono 1,5 milioni di siriani. Ora gli esuli di guerra potrebbero spingersi a Est o partire per l’Europa

Dopo gli orrori di 12 anni di una guerra senza pietà, il terremoto. Un sisma terribile, il peggiore dal 1939 in Turchia, che ha raso al suolo città e paesi e fatto migliaia di morti e decine di migliaia di feriti. È un dramma nel dramma quello dei milioni di profughi della guerra in Siria che potrebbero lasciare le zone devastate dalla scossa di terremoto di ieri mattina.

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Nelle dieci province turche colpite dal sisma di oggi vivono 1,5 milioni dei 3,6 milioni di profughi siriani che si trovano in Turchia. Per anni i principali campi di accoglienza sono stati organizzati lungo il confine, tra cui Kilis e Nizip, i due campi più grandi, situati non lontano da Gaziantep e Urfa. Chiusi i campi, i profughi si sono trasferiti principalmente nelle città. Oggi solo l’1,6% abita nei campi profughi mentre il resto si è stabilizzato nei centri urbani turchi.

Non a caso Gaziantep é dopo la metropoli di Istanbul, la città con la più corposa comunità siriana, ben 463 mila persone ed è seguita nella classifica dalle altre tre città principalmente colpite dal sisma: Urfa, dove vivono 371 mila siriani, la provincia dell’Hatay dove sono 357mila e Adana, dove sono 252mila. Il dramma è anche più grave sull’altro lato del confine, nel Nord-Ovest della Siria, dove vivono circa 4,1 milioni di persone che necessitano di assistenza umanitaria, la maggior parte delle quali sono donne e bambini e spesso cercavano rifugio nelle case abbandonate nei villaggi. Di questi, circa 3 milioni sono sfollati provenienti da altre zone afflitte dalla guerra.

Le comunità siriane erano state colpite nei mesi scorsi da un’epidemia di colera ancora in corso e sono sotto pressione per il rigido clima invernale. Adesso il terremoto potrebbe spingere molti di loro a entrare in Turchia, e rifugiarsi nell’Occidente o nel Nord del Paese, o provare ad arrivare in Europa. Il terremoto ha colpito pesantemente Aleppo, la metropoli siriana incessantemente bombardata nel 2016, nei suoi quartieri ribelli, dall’aviazione russa e di Damasco. La sua cittadella – sorella maggiore di quella di Gaziantep distrutta dal sisma – ha subìto danni sembra lievi. Ma circa 50 edifici ad Aleppo sono crollati, e si scava ancora tra le macerie. Da lì il vescovo caldeo, il gesuita Antoine Audo, descrive il terremoto come "una nuova bomba tremenda, letale e sconosciuta, che cade su di noi dopo 12 anni di guerra".

Sono state colpite decine di cittadine e paesini della valle dell’Oronte e quelli attorno a Idlib, capoluogo controllato dalla coalizione jihadista cooptata di fatto da Ankara. È stata colpita Afrin, dove nel 2018 si era abbattuta la pulizia etnica turca a danno delle comunità curde. È stato colpito anche il porto di Latakia, sul Mediterraneo, di fronte a Cipro e a ridosso del Golfo di Alessandretta in Turchia. È stata colpita Hama.

Nelle zone vicine al confine turco, le organizzazioni umanitarie locali invocano a gran voce l’intervento della comunità internazionale e, soprattutto, chiedono che il governo di Ankara apra la frontiera per permettere l’evacuazione dei feriti più gravi.

Ma molti siriani, provati dall’ennesima tragedia, tenteranno di trovare assistenza e soccorso in Turchia, che è stata colpita più pesantemente ma ha possibilità di assistenza sconosciute in Siria. Il destino amaro dei curdi e soprattutto dei siriani, gente ormai senza più lacrime oer quel che ha vissuto, produrrà una ennesima ondata di profughi.