Washington, 17 novembre 2022 - No, questa volta Vladimir Putin non c’entra. Il missile o i missili o i rottami caduti a Przewodow, villaggio polacco alla frontiera con l’Ucraina, erano presumibilmente ucraini e non russi. Lo rivelano i satelliti americani sulla base delle traiettorie. L’assicura l’Intelligence. Lo ammette il presidente americano Joe Biden, che a Bali, nella notte più lunga dall’inizio della guerra è stato svegliato alle 4.30. È stato l’inizio di ore frenetiche tra telefonate e meeting virtuali nella sala da ballo dell’hotel in cui alloggiava. Poi la riunione di emergenza con i capi di Stato e di governo dei principali Paesi Nato. E dunque, dopo una prima, allarmata telefonata con il presidente polacco Andrzej Duda, aveva incontrato i leader europei, l’italiana Giorgia Meloni, il francese Emmanuel Macron, il britannico Rishi Sunak, il tedesco Olaf Scholz. Quindi la scelta della prudenza in merito a una eventuale responsabilità dei russi. Una linea che ha incassato l’apprezzamento del portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, il quale l’ha definita "professionale".
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Rischio escalation
Come avrebbe dovuto reagire la Nato se i sospetti fossero stati confermati? Lo spettro di un coinvolgimento ha agitato la conclusione del G20 in terra indonesiana. E invece più tardi tutti, alleati e no, hanno tirato un sospiro di sollievo. È stato un errore. Degli ucraini e non dei russi. E dunque nessuna necessità di invocare l’articolo 4 dello statuto Nato e tanto meno l’articolo 5. Il primo prevede consultazioni di emergenza in presenza di un pericolo di conflitto. Il secondo comporta l’intervento militare comune perchè – come recita – l’attacco a uno dei membri è un attacco a tutti i membri dell’alleanza. Questa fu la motivazione della guerra in Afghanistan, guerra Nato e non solo americana.
Gran paura e grande speranza
Pericolo scampato. Già due guerre mondiali sono state avviate da errori sfruttati come pretesto. E ora dalla gran paura paradossalmente sembra nascere una rinnovata speranza. Primo obiettivo: spingere al negoziato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky imbaldanzito dai successi sul campo e dall’appoggio di Biden. Ma ora quell’appoggio vacilla. Sono cambiati gli equilibri in Congresso. La Camera diventerà repubblicana. Il Senato rimane democratico. E si profila una maggioranza bipartisan in favore di un compromesso, mentre la Casa Bianca dà pubblicità agli incontri fra i capi dei servizi segreti russo e americano. Obiettivo: spiegare a Zelensky che ci sono dei "limiti". Questo il messaggio che William Burns, capo della Cia, ha portato a ieri a Kiev.
Ancora più categorico Kevin McCarthy, prossimo Speaker al posto di Nancy Pelosi: niente più assegni in bianco. Niente no fly zone sull’Ucraina. E diventano ancora più ’selettivi’ gli armamenti inviati laggiù.
Concessioni territoriali
In altre parole Zelensky non dovrebbe scartare prioritariamente concessioni territoriali. Sono l’unica via per salvare la faccia a Putin e portarlo al dialogo. È già stato punito abbastanza, scrive persino il filodemocratico Washington Post. Titolo: Per l’Ucraina sedersi e trattare. Identico il concetto esposto giorni fa da Mark Milley. Il Capo degli Stati Maggiori Riuniti, cioè il capo militare del Pentagono, ieri ha raffozato il concetto: "La probabilità di una vittoria ucraina che cacci via tutti i russi dal Paese, inclusa la Crimea, è molto bassa". Il presidente russo è un fantasma. Il suo esercito patetico. È isolato sul palcoscenico internazionale. In quello di Bali non si è presentato nel timore di una mortificazione diplomatica. E all’interno cresce l’opposizione. Difficile una sua sopravvivenza. Ma chi gli succederebbe? Una colomba o più probabilmente un falco ancora più falco?
(cesaredecarlo@cs.com)