Giornata della memoria: Auschwitz non invita la Russia. "Contro Kiev una guerra barbara"

Celebrazioni e polemiche: il lager in Polonia fu liberato proprio il 27 gennaio 1945 dai soldati dell’Unione Sovietica. Il portavoce del museo: "Ci vorrà molto tempo prima che Mosca torni al mondo civilizzato"

Il carro armato di Arkhad Gilmanov fu il primo a entrare nel Lager di Auschwitz, in Polonia, il 27 gennaio del 1945. "Un uomo mi abbracciò piangendo – raccontò il carrista – mi parve di stringere tra le braccia uno scheletro". Il film di Benigni La vita è bella termina con la sequenza che ricorda il racconto di Arkhad, il panzer non porta la stella rossa, ma la bandiera a stelle e strisce.

Un falso storico per vincere l’Oscar, il film è una favola, ma rimane nella memoria degli spettatori, che dimenticano o non hanno letto libri di storia. A liberare il campo di sterminio più grande della Shoah fu l’Armata Rossa, eppure i russi non saranno presenti alla cerimonia di oggi per il giorno della memoria. "Data l’aggressione all’Ucraina libera e indipendente non abbiamo ritenuto opportuno invitare rappresentanti russi", ha comunicato il direttore del museo Piotr Sawick. Ci vorrà poi del tempo, secondo il portavoce del museo, affinché Mosca "faccia un autoesame molto profondo dopo questo conflitto per tornare ai raduni del mondo civilizzato". Per il museo, infatti, l’invasione in Ucraina è un "atto barbarico". L’Unione Sovietica era stata presente ad Auschwitz anche durante la Guerra Fredda.

"Il lavoro rende liberi", il motto posto sopra il cancello di Auschwitz
"Il lavoro rende liberi", il motto posto sopra il cancello di Auschwitz

La Russia è sempre il nemico più temuto dai polacchi. A Katyn, una foresta vicino a Smolensk, nell’aprile del 1944 furono trucidati ventimila professionisti, militari, politici polacchi, si volle distruggere l´anima di un popolo. Quando furono scoperte le fosse, si diede la colpa ai nazisti, ma erano stati i russi, per ordine di Stalin. Oggi in Polonia, la maggioranza è d´accordo sulla decisione del museo. La storia non è una favola dove la divisione è netta tra il bene e il male, buoni e cattivi.

È una coincidenza che piacerebbe ai registi e ai romanzieri. A liberare Auschwitz 78 anni fa fu la 60esima armata che veniva dal fronte dell’Ucraina. Aveva combattuto nella battaglia della Vistola, e in dodici giorni aveva percorso 170 chilometri superando quattro linee difensive. Quel giorno nevicava, e i militari stanchi cercavano un luogo per il campo vicino a un villaggio senza importanza, Auschwitz, non lontano dal confine polacco. Per i russi, il lager era un normale campo di prigionia, i tedeschi opposero una debole resistenza, i morti furono due, e qualche ferito.

"Oltre il reticolato vedemmo vagare dei fantasmi, erano scheletri viventi, offrimmo pane, ma non avevamo la forza di mangiare", racconta il tenente Ivan Martinushkyn. Il capitano Jakob Lebedev innalzò la bandiera rossa su una baracca. A Auschwitz erano stati trucidati un milione di deportati, i russi trovarono il lager quasi vuoto, i superstiti erano 7650. Da ottobre per ordine di Himmler si era cominciato a cancellare le tracce, erano fatti saltare i forni crematori e le baracche, i deportati superstiti furono evacuati e condotti con tappe forzate verso ovest, a migliaia morirono durante la marcia. Ma non fu possibile cancellare tutto. E il mondo quel 27 gennaio venne a sapere. "Non avevamo idea di cosa avremmo trovato oltre quel cancello”, disse il generale Ivan Petrenko.

Pochi giorni dopo, all´inizio di febbraio, i russi raggiunsero l'Oder, a 80 chilometri da Berlino. Impiegarono oltre due mesi per raggiungere la periferia della capitale del Reich. L´ultima battaglia durò dal 16 aprile al due maggio. Il panzer di Arkhad era un T34, i russi ne costruirono 50mila. Due si vedono sul monumento in ricordo dell´Armata Rossa a Berlino, di fianco alla colonna con il milite russo, il fucile a tracolla. Un T34 sembra quasi un giocattolo in confronto ai Leopard 2, che la Germania darà a Zelensky, pesava 30 tonnellate neanche la metà, ed era meno robusto e veloce. Il monumento si trova sul viale del 17 giugno, la data che ricorda la rivolta dei berlinesi dell´est nel 1953 contro i liberatori sovietici diventati occupanti. Lo resteranno fino a quando cadde il “muro”.

Quando venne restaurato il Reichstag, dopo la riunificazione, vennero scoperte delle scritte lasciate dai soldati sovietici, frasi semplici, Ivan è stato qui, o insulti al nemico. Volevano cancellarle, ma Rita Süssmuth, presidente del Parlamento si oppose. Le hanno protette con lastre di cristallo. Tra qualche settimana, o mesi, carri armati tedeschi, torneranno in azione nella Mitteleuropa, in Ucraina, senza svastica, un gioiello del Made in Germany. L´ultimo secolo in Europa è stato un intrico di orrori e di eroismi, le vittime sono 125 milioni, combattenti e civili, un calcolo impreciso.