Floyd e le violenze in Usa, ecco perché Trump è scatenato su Twitter

Intervista al direttore editoriale di AffarInternazionali: "Il presidente è già in campagna elettorale, vuole mobilitare la sua base, per questo usa toni accesi"

Il presidente Donald Trump

Il presidente Donald Trump

Roma, 2 giugno 2020. "Trump attacca perché è già in campagna elettorale". Per Stefano Silvestri, consigliere scientifico dell’Istituto affari internazionali e direttore editoriale di AffarInternazionali, la strategia del presidente nel rispondere ai disordini che sono scoppiati dopo la morte di George Floyd alzando i toni è quella di compattare la base dei repubblicani in vista del voto di novembre. Cosa spera di ottenere? "Vuole mobilitare il suo elettorato. I toni aggressivi gli servono a questo. Che poi stia spaccando il Paese, non è una novità: è una politica che ha sempre perseguito coerentemente. Il tycoon viene legittimato, agli occhi della sua base, proprio nello scontro". Può vincere usando questa strategia? "Dipenderà moltissimo dalla capacità dei democratici di mobilitare gli americani. Nel 2016 Trump vinse perché in una serie di confronti marginali era riuscito a coinvolgere più elettori rispetto alla Clinton. Donald sta cercando di ripetere la stessa manovra a quattro anni di distanza: il voto popolare non conta, sono i grandi elettori a essere decisivi. Il suo è un gioco molto duro, ma d’altra parte non avrebbe speranze in caso di un’elezione normale. Vuole arrivare al voto con un Paese diviso. È una strategia abbastanza rozza, che punta sulla paura: spera che una parte di americani tema un momento di transizione e che per questo alla fine scelga di riconfermarlo presidente". Il bis quindi sarà più difficile? "Sì, a causa del Coronavirus. Molti suoi elettori nel 2016 erano gli stessi anziani che oggi sono stati colpiti duramente dalla malattia. E il presidente sul contenimento del morbo non ha dato il meglio di sé, visto che con le sue scelte ha contribuito alla diffusione del Covid-19". Crede che l’atteggiamento di Trump potrebbe invitare la comunità afroamericana, solitamente non molto partecipativa, ad andare in massa alle urne per votare contro di lui? "Forse sì, ma molti di quelli che protestano probabilmente non andranno a votare, visto che forse non si sono nemmeno registrati. Una parte di questo elettorato è già perso per i democratici". Cosa significherebbe, dal punto di vista politico, se Trump dovesse schierare l’esercito per fermare le proteste? "Sarebbe una sconfitta del sistema di legge e ordine americano. L’esercito non è attrezzato per operazioni di polizia e controllo delle sommosse, ma Trump potrebbe usarlo ugualmente per screditare i governatori dem e aumentare la divisione all’interno del Paese". Venerdì Trump ha usato il bunker sotto la Casa Bianca. L’ultima volta che era stato aperto era stato per gli attentati dell’11 settembre. I due eventi sono difficilmente paragonabili. Anche questa è stata una mossa elettorale? "A meno che non siano stato preso dal panico, penso che lo abbia fatto per dire agli americani: ‘Avete visto a che punto siamo arrivati? I governatori democratici non riescono nemmeno a proteggere il vostro presidente’".