Roma, 24 luglio 2013 - KATE Middleton non ha mai sbagliato un cappellino e non poteva smentirsi nella prova pubblica più difficile: assicurare agli inglesi l’erede al trono dei prossimi cento anni, per giunta maschio. Nel Principato di Monaco staranno chiamando al dovere dinastico il povero Alberto, che finora ha dato il meglio di sé fuori dal matrimonio; anche se qualcuno gli trova come alibi il fatto di regnare su qualche centinaio di croupier e non su svariati milioni di sudditi.
In Italia si assiste invece a un curioso fenomeno che ha a che fare con l’ipocrisia, il provincialismo e l’invidia, discipline in cui non ci batte nessuno.

È GIUSTO biasimare la cagnara che si è fatta intorno a una gravidanza andata un po’ per le lunghe. O fare le pulci alla compagnia di giro dei giornalisti davanti alla clinica, costretti ad annunciare il nulla in prima serata. Però ormai le regole dell’informazione le conosciamo tutti e tutti sappiamo come evitare le notizie che non ci piacciono: basta non leggere, cambiare canale. Nel caso del Royal baby i dati di ascolto sono spietati: ogni comparsa del regale pancione è stato un trionfo, grande almeno quanto il numero dei chissenefrega. E quindi chi dice chissenefrega in realtà è intrigato da un evento che sfugge alla sua comprensione quanto la passione degli inglesi per il porridge. Questo per quanto riguarda l’ipocrisia. Sul provincialismo: minimizzare o peggio ridicolizzare la nascita di un futuro re significa auto emarginarsi dal respiro ampio della Storia perché quel bambino è già dentro i libri di storia.

È UN WINDSOR, l’ultima appendice di una monarchia che spesso sguazza nelle barzellette e a volte scivola nel gossip ma è amata e difesa dal 70 per cento dei suoi sudditi. E qui entra in gioco l’invidia. Dalle nostre parti non ci sono neonati istituzionali a cui delegare un pezzo di futuro, una visione comune o una speranza. Capita così di entusiasmarsi per le gravidanze tardive di Carmen Russo e i figli di Belen per poi nascondersi dietro un altro chissenefrega.

di Viviana Ponchia