{{IMG_SX}}Roma, 20 maggio 2008  - Le violenze xenofobe scoppiate nell'ultima settimana in Sudafrica hanno motivazioni solo economiche, ma la situazione può solo peggiorare perchè il governo è incapace di reagire. E' questa l'opinione dello scrittore sudafricano André Brink, espressa in un'intervista rilasciata a Repubblica.


"La xenofobia dell'ultimo periodo è paura portata all'estremo - dice lo scrittore - paura di perdere il lavoro, paura che qualcun altro riesca ad accaparrarsi il già poco a disposizione. Il governo non avrebbe dovuto permettere che gli immigrati fossero assunti e pagati molto meno dei sudafricani. Certo si tratta di un fenomeno complesso, ma in questo momento prevedo solo che possa peggiorare, è una specie di follia collettiva che sta contagiando ogni strato della popolazione".
 

Per Brink non c'è nessuno che "orchestra gli attacchi agli immigrati, almeno non qualcuno che ha accesso ai palazzi del potere", però ricorda che "nelle gang che assaltano le baraccopoli non ci sono solo poveri, così come è sempre accaduto nei tanti episodi di criminalità in Sudafrica negli ultimi anni, c'è un crimine organizzato, una sorta di gang affaristica che si regge sulle violenze".
 

Lo scrittore non mostra alcuna fiducia nell'azione del governo, che "non ha la minima idea di come si possa o debba rispondere a queste violenze", nè in quella delle forze dell'ordine: "Non c'è la volontà di pensare a una strategia. C'è molta corruzione nelle forze dell'ordine e c'è anche una buona fetta di frustrazione, perchè da sempre i pochi criminali arrestati sono rilasciati quasi subiti, restano impuniti". Tuttavia, lo scrittore non si abbandona al pessimismo: "Il Sudafrica ha persone meravigliose, ne incontro ogni giorno, ovunque, e prima o pioi queste persone riusciranno a governare il Paese. Io almeno lo spero".
 

 

VIOLENZE XENOFOBE, TESTIMONIANZA: "GUERRA FRA POVERI"

 

 "Era una situazione che bolliva in pentola già da tempo e, purtroppo, ci si aspettava che la tensione prima o poi esplodesse. Nei mesi scorsi poche voci, isolate, avevano lanciato appelli e suonato l'allarme, ma erano rimaste inascoltate e oggi ci troviamo ad assistere a questa esplosione di follia e a questa specie di isteria contro gli stranieri che non risparmia neanche i sudafricani": a parlare con l'agenzia Misna è padre Efrem Tresoldi, missionario comboniano contattato a Johannesburg, che sottolinea come l'ondata di violenza ai danni di immigrati iniziata una settimana fa ad Alexandra e ormai dilagata in tutti i principali centri urbani del Sudafrica sia prima di tutto una "guerra tra poveri".
 

Una guerra che finora, stando a un primo bilancio complessivo, ma ancora provvisorio, fornito dalla polizia ha provocato la morte di 22 persone: 19 di queste, inclusi alcuni bambini, sono state ammazzate nel fine settimana, altre tre nei disordini avvenuti nei giorni scorsi. "Negli ultimi anni la popolazione urbana è andata crescendo. Oltre ai sudafricani provenienti dalle zone rurali, intorno alle città si sono concentrati, in cerca di lavoro, gli immigrati provenienti dai paesi vicini: l'Angola, il Mozambico e negli ultimi mesi lo Zimbabwe, che ha fatto registrare un notevole afflusso di persone. Questa sovrappopolazione ha acuito i problemi già gravi di disoccupazione e mancanza di alloggi che il governo sta cercando di affrontare da tempo. E di conseguenza sono cominciati i primi problemi di convivenza" aggiunge il missionario.
 

L'intraprendenza degli immigrati appena arrivati, disposti ad accettare lavori sottopagati pur di guadagnare qualcosa o particolarmente attivi nell'improvvisarsi commercianti, e la progressiva integrazione (molto frequenti i matrimoni misti) ha alimentato la rabbia soprattutto di giovani sbandati e disoccupati. "Le violenze di questi giorni hanno per protagonisti gruppi di giovani disoccupati delle baraccopoli cittadine. Le prime 'squadracce' erano composte da giovani di alcuni dormitori pubblici che avevano alzato un po` il gomito e che la sera avevano cominciato a prendersela con gli immigrati, catalizzatori di tutti i loro mali" dice alla Misna Michael Gallagher, responsabile per l'Africa Australe del Jesuit refugee service (Jrs). A questi si sono poi aggiunti vere bande criminali che hanno approfittato del clima di rabbia contro gli immigrati per saccheggiare abitazioni e strutture commerciali.
 

A conferma che la violenza sia legata più al disagio sociale che a quello razziale, sottolinea il missionario gesuita, il fatto che le violenze non risparmiano neanche cittadini sudafricani, provenienti da altre zone del paese. "Gruppi di giovani zulu hanno attaccato famiglie provenienti dalla regione del Limpopo" spiega, mentre si moltiplicano anche gli attacchi a donne sposate a immigrati, accusate di essere "traditrici" della causa. Fonti religiose contattate a Johannesburg, inoltre, evidenziano che, seppur ancora non corroborate da alcuna prova, circolano anche voci ritenute credibili di strumentalizzazioni politiche delle violenze in corso. "Quel che è certo è che la maggior parte dei sudafricani assiste attonita e incredula alle immagini di violenza in circolazione sui media nazionali" sottolinea padre Gallagher, facendo riferimento alla foto che stamani campeggiava sulle prime pagine di tutti i giornali sudafricani di un uomo dato alle fiamme in una baraccopoli informale del paese.
 

"Resta da capire un elemento fondamentale - si chiede il responsabile del Jrs in conclusione - quel è stata la causa che scatenato la violenza?". In attesa di conoscere la causa delle violenze, tra le conseguenze più preoccupanti c'è la fuga di migliaia di persone, stime complessive parlano di oltre seimila persone, dalle loro abitazioni per cercare rifugio in chiese e commissariati di polizia. Almeno duemila di queste, fa sapere la radio pubblica sudafricana Sabc, prevalentemente famiglie di immigrati spaventati o che hanno perso le poche cose che avevano negli attacchi, si trovano nel centro di crisi allestito dal commissariato di Ekurhuleni.