{{IMG_SX}}New York, 24 aprile 2008  - Non è stato un atto politico ma di diplomazia, quello dell'ambasciatore italiano alle Nazioni Unite Marcello Spatafora, che nella serata di ieri ha chiesto l'interruzione di una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, prendendo atto della "intollerabile" situazione di confusione dopo un controverso intervento del collega libico Ibrahim Dabbashi. Il diplomatico di Tripoli aveva definito la situazione dei palestinesi a Gaza "peggiore" di quella dei campi di concentramento nazisti.


Le parole di Dabbashi sono state accolte con sdegno da alcuni diplomatici presenti alla riunione, a porte chiuse. I primi ad alzarsi in segno di protesta sarebbe stati il rappresentante francese e americano. Non Spatafora, secondo fonti diplomatiche del Palazzo di Vetro. Il rappresentante permanente italiano avrebbe tuttavia preso la parola per porre fine alla confusione, chiedendo al sudafricano, presidente di turno del Consiglio, di aggiornare la seduta.

Dopo le parole di Spatafora i rappresentanti di Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Belgio, Italia e Croazia hanno lasciato la sala, in segno di protesta. "La situazione a Gaza - aveva detto Dabbashi - è peggiore di quella dei campi di concentramento perché, in aggiunta, ci sono i bombardamenti quotidiani di Israele su Gaza".
Il diplomatico libico ha spiegato oggi di avere usato il paragone "per argomentare la sua tesi" dell'urgenza di un intervento del Consiglio per porre fine alle sofferenze dei palestinesi di Gaza.

Il vice ambasciatore di Washington all'Onu, Alejandro Wolff ha bollato le parole del collega "il riflesso di un alto grado di ignoranza storica e di assoluta mancanza di sensibilità etica, che è in generale una delle ragioni che impediscono al Consiglio di intervenire su questioni mediorientale e spiegano perché la pace sia così difficile da ottenere".

E ha aggiunto che "paragonare la situazione di Gaza, con le sue difficoltà, ai campi di concentramento della Germania nazista è inesatto dal punto di vista storico e fondamentalmente incompatibile con gli sforzi per la pace in Medio Oriente".