{{IMG_SX}}Palermo, 2 aprile 2008 - Rosario Gambino, cugino del boss mafioso italo-americano Carlo Gambino, è stato espulso dagli Stati uniti, dove stava scontando una pena per traffico internazionale di droga e potrebbe arrivare già domani, o al massimo dopodomani, in Italia. Ad annunciarlo all'ADNKRONOS è il suo difensore italiano, l'avvocato Daniele Francesco Lelli del foro di Roma.

"Ho parlato con il mio collega americano -ha spiegato Lelli- che mi ha detto che il mio assistito è già stato trasferito dall'Fbi in New Jersey. Tutto ciò è una chiara violazione di legge, anche perchè non ci sono ancora due gradi di appello. Inoltre, la Corte d'appello di Palermo non ha acquisito ancora la copia del mandato di cattura di Gambino. vorrei proprio sapere in base a quale mandato è avvenuta l'espulsione".

A dare il via libera dell'espulsione di Rosario Gambino è stata la Corte d'Appello immigrazione della California.

"Stiamo provando insieme con il collega difensore americano - ha aggiunto l'avvocato Lelli - a bloccare l'espulsione, perchè ripeto che è contro la legge". Gambino è ricercato da un mandato di cattura condannato a 22 anni di carcere nel processo 'Pizza conncetion'.

Gambino sarebbe stato espulso perchè non ha mai preso la cittadinanza americana. Inoltre, sarebbe vigente sul suo conto ancora il mandato di cattura emesso nel lontano 1980 dal giudice Giovanni Falcone per associaizone a delinquere finalizzata alla commissione di reati di indole mafiosa.A Palermo è in corso, dallo scorso ottobre, il processo di secondo grado per traffico di droga.


SCHEDA

Ai giudici americani continuava a ripetere fino a pochi giorni fa "se non avessi questo cognome, oggi sarei già da tempo un uomo libero". Un cognome davvero pesante, quello di Rosario Gambino, 65 anni, cugino del padrino Carlo Gambino, quest'ultimo a capo di 25 clan con oltre 950 affiliati. Rosario Gambino, di origini siciliane, ha trascorso quasi tutta la sua vita negli Stati Uniti. È del 1984 la prima condanna negli Usa per un maxi-traffico di droga che coinvolgeva la mafia siciliana, anche se Gambino ha sempre negato la sua appartenenza a Cosa Nostra.

Gambino, adesso, è stato espulso dagli Stati Uniti e potrebbe arrivare già domani, o al massimo dopodomani, in Italia. Ad annunciarlo all'ADNKRONOS è il suo difensore italiano, l'avvocato Daniele Francesco Lelli del foro di Roma. "Ho parlato con il mio collega americano -ha spiegato Lelli- che mi ha detto che il mio assistito è già stato trasferito dall'Fbi in New Jersey. Tutto ciò è una chiara violazione di legge, anche perchè non ci sono ancora due gradi di appello. Inoltre, la Corte d'appello di Palermo non ha acquisito ancora la copia del mandato di cattura di Gambino. vorrei proprio sapere in base a quale mandato è avvenuta l'espulsione".

Rosario Gambino venne arrestato nel New Jersey insieme con un gruppo di malavitosi, che appartenevano, come si scoprì solo in un secondo tempo, allo stesso clan. Venne condannato a 21 anni di reclusione al termine del processo 'Mafia e drogà, istruito dal giudice Giovanni Falcone. Fu quella la prima inchiesta che si avvalse degli esiti di indagini bancarie.


Il suo cognome ha sfiorato anche il falso sequestro di Michele Sindona. Il fratello di Rosario Gambino, Giovanni Gambino, detto 'John', sarebbe infatti stato il regista del falso rapimento. Fu il giudice Giovanni Falcone a interessarsi dell'episodio che coinvolgeva il bancarottiere. È stato accertato che il finto sequestro venne gestito dalla mafia siculo-americana dall'inizio alla fine. Ed è anche risaputo che, durante la sua permanenza negli States, Sindona frequentava abitualmente i Gambino, rappresentanti di una delle cinque famiglie più potenti di Cosa Nostra.

Non solo. In passato, come si apprende, la vicenda criminale di Rosario Gambino era arrivata a sfiorare persino la Casa Bianca. Roger Clinton, fratellastro dell'ex Presidente degli Stati Uniti, alla fine degli anni Novanta finì sotto inchiesta da parte dell'Fbi, per aver cercato di ottenere la scarcerazione di Rosario Gambino, che da qualche anno è rinchiuso in un centro di detenzione per immigrati a San Pedro, in California, dove è stato trasferito in seguito della richiesta di estradizione italiana .

L'Italia ha avviato le pratiche per la sua estradizione nel 2001, su iniziativa dell'autorità giudiziaria di Palermo, una battaglia legale molto lunga e complessa. Secondo l'Fbi, l'attuale capo della famiglia italo-americana dei Gambino sarebbe John Jackie Nose D'Amico. Negli anni '80 Jackie Nose era un amico di John Gotti, e un capo temuto nella rete del gioco d'azzardo e degli strozzini. Dopo la prigionia era tornato a Brooklyn.

Nello scorso ottobre, il nome di Rosario Gambino era tornato sulle pagine della cronaca, sia nazionali che internazionali, con tanto di polemiche a causa di un giudice di Los Angeles, D.D. Sitgraves, che aveva rifiutato la sua estradizione in Italia. Una decisione presa con una motivazione alquanto curiosa: c'era il rischio che Rosario Gambino venisse sottoposto in Italia al regime carcerario del '41 bis', il cosiddetto carcere duro per i boss mafiosi, paragonato dal giudice americano a "una sorta di tortura".

Una sentenza emessa, come aveva scritto il 'Los Angeles Times', l'11 settembre del 2007, nella quale il giudice aveva definito "una coercizione" il carcere duro imposto ai detenuti per mafia, che "non è da considerarsi collegata a nessuna sanzione legalmente imposta o punizione, quindi costituisce una tortura". E, come se non bastasse, il giudice che aveva accolto il ricorso del legale di Gambino, Joseph Sandoval, aveva affermato: "È una questione umanitaria, in questo caso particolare, queste condizioni di detenzione minaccerebbero e comprometterebbero la vita" del detenuto.

"Questa norma - aveva spiegato - serve a impedire che i boss mafiosi, anche dal carcere, possano comunicare con l'esterno, come è già accaduto". "I boss non possono avere le stesse condizioni in carcere dei detenuti comuni - aveva continuato - È giusto che per loro i colloqui siano diversi, più rigidi". Ma il legale italiano di Rosario Gambino, Daniele Francesco Lelli, non era d'accordo, affermando con forza che il suo assistito "non aveva mai subito una condanna definitiva per mafia". E, quindi, continua a ribadire ancora oggi: "Non può affatto essere definito mafioso".