Il coronavirus contagia l’economia mondiale

Standard & Poor’s ha tagliato le stime di crescita del Pil per il 2020. E' in arrivo la prima recessione globale guidata dalla Cina anziché dagli Usa

Un operatore di Borsa

Un operatore di Borsa

Milano, 10 ferbbraio 2020 - Il nuovo coronavirus cinese ha contagiato l’economia mondiale. Standard & Poor’s ha tagliato al 5% le stime di crescita del Pil cinese per il 2020, contro il 6,1% del 2019 e una previsione del 5,7% per quest’anno. Goldman Sachs ha ridotto le previsioni di crescita globale a 3,25% quest’anno, contro il 3,1% dell’anno scorso. Ma questo solo se l’epidemia sarà circoscritta rapidamente, entro la fine del primo trimestre dell’anno. Se invece si estenderà anche nel secondo trimestre, il 2020 finirà in stagnazione, se non in recessione. E questa sarebbe la prima recessione globale guidata dalla Cina, piuttosto che dagli Stati Uniti. Le ultime quattro recessioni globali sono state innescate dai consumatori americani.

Ma nel frattempo la posizione della Cina nell’economia globale è cresciuta notevolmente. Oggi dalla Cina dipende circa un terzo della crescita globale, una quota maggiore di Stati Uniti, Europa e Giappone messi insieme. Mentre non c’è dubbio che la crescita cinese sia rallentata negli ultimi anni, la base da cui la Cina sta crescendo è aumentata in modo esponenziale. Come osserva l’esperto di economia cinese Andy Rothman, anche se l’economia cinese di un decennio fa cresceva del 9,4%, la base per la crescita del 6,1 per cento dello scorso anno è stata del 188% più grande rispetto a 10 anni fa. Di conseguenza le attività dei consumatori e dei lavoratori cinesi oggi sono molto più importanti di una volta. E di gran lunga più importanti di quelli americani.

Non sorprende che chi lavora nel settore dell’ospitalità, del turismo, dei viaggi e della vendita al dettaglio sia seriamente preoccupato per l’impatto del nuovo coronavirus. I viaggiatori cinesi sono particolarmente ambiti perché tendono a rimanere più a lungo e a spendere di più rispetto a quelli di altri Paesi: negli Stati Uniti, ad esempio, sono rimasti in media 18 giorni e hanno speso 7.000 dollari per visita l’anno scorso, in base a un rapporto di 13D Global Strategy and Research. Negli Stati Uniti la spesa cinese stava già rallentando per colpa della guerra commerciale, ma ora anche l’Asia e l’Europa stanno perdendo i clienti cinesi, con ricadute a catena in settori contigui al turismo: negozi, ristoranti, beni di lusso e servizi di ogni tipo.

Gli ottimisti notano che durante lo scoppio della Sars nel 2003, la crescita cinese è diminuita solo brevemente prima di rimbalzare a un robusto 10%. Ma allora la Cina rappresentava solo il 4% del prodotto interno lordo globale, rispetto al 16% di oggi, la spesa cinese per i consumi non era altrettanto sviluppata e il turismo era agli albori. "Di conseguenza, l’impatto negativo sulla crescita globale potrebbe essere molto maggiore rispetto al 2003", ha osservato un rapporto di Ing sull’argomento.

Non sono solo i consumatori cinesi a causare un rallentamento. La provincia di Hubei è un’area chiave per le catene di approvvigionamento dell’industria cinese. Se smette di funzionare, la Cina potrebbe non essere in grado di rispettare gli impegni di acquisto degli accordi commerciali con gli Usa. Questo avrebbe certamente un impatto geopolitico, in particolare in settori come quello dell’high tech, che sono ancora tra quelli più strettamente legati alle imprese cinesi, come si è visto dal warning di Apple. Le ricadute sono facilmente visibili nei prezzi delle materie prime. Le quotazioni del rame, degli altri metalli industriali e del petrolio sono crollate più del 10% da metà gennaio.

Il contenimento dell’epidemia equivale a un esperimento di deglobalizzazione. Si ergono barriere, non per arrestare i flussi commerciali e migratori ma per ostacolare la diffusione dell’infezione. Gli effetti economici, tuttavia, sono simili: catene di approvvigionamento interrotte, minore fiducia delle imprese e meno commercio internazionale. La politica può fare ben poco contro l’interruzione della capacità di produrre beni e servizi. Questo lascia l’economia globale in gran parte alla mercé della natura. La dimensione dell’impatto sulla crescita globale dipenderà dalla velocità con cui la diffusione del virus sarà circoscritta.