Nuovo Dpcm, braccio di ferro sulle zone rosse. Regioni contro Conte: noi tagliate fuori

Rischiano Lombardia, Piemonte, Val d’Aosta, Calabria e Alto Adige. I governatori: servono misure omogenee a livello nazionale

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Roma, 4 novembre 2020 - Il braccio di ferro si allunga nella notte, le Regioni si mettono ancora di traverso al Dpcm. "Destano forti perplessità e preoccupazione le disposizioni di cui agli articoli 1bis e 1ter che comprimono ed esautorano – si legge in una lettera firmata da Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza Stato-Regioni al premier Conte (in foto) e ai ministri Boccia e Speranza – il ruolo e i compiti delle Regioni e delle Province autonome, ponendo in capo al Governo ogni scelta e decisione sulla base delle valutazioni svolte dagli organismi tecnici". Le Regioni chiedono di "partecipare al percorso di analisi dei dati", in sostanza di codecidere e di avere "ristori contestuali" e magari stop alle tasse. Per i governatori servirebbero misure omogenee a livello nazionale, eventualmente integrate a livello locale con scelte condivise.

Il bollettino Covid del 4 novembre

Per Conte, che raccontano molto innervosito, è un bel problema. Il premier voleva firmare ieri sera il decreto in modo che l’Italia oggi si risvegliasse a colori: verde, arancione o rossa a seconda del livello di rischio Covid-19, determinato dalla cabina di regia su dati Iss e sancito da un decreto del ministero della Sanità previsto per oggi. Ma adesso è tutto in divenire.

Secondo il piano originario a distinguere tra sommersi e salvati saranno 21 criteri, indicati nel decreto del ministero della Sanità del 30 aprile . I più importanti sono: percentuale di positivi, Rt (il tasso di contagiosità), incidenza dei contagi sulla popolazione, numeri dei focolai, percentuali di occupazione delle terapie intensive e dei posti letto totali per pazienti Covid-19. Le misure che verranno decise da un decreto congiunto del ministero della Salute e del governatore della regione interessata avranno una durata minima di 15 giorni e massima fino alla scadenza Dpcm (3 dicembre). Secondo le indiscrezioni, le Regioni indiziate di entrare a far parte della zona rossa sono la Lombardia – che ha un Rt di 2.16, è terza per incidenza sia a 7 che a 14 giorni e ha un tasso di saturazione delle terapie intensive del 42%, nel di sopra alla soglia del 40% – , il Piemonte (Rt di 2.09, 6° per incidenza, terapie intensive al 34%), la Val D’Aosta (Rt 1,89, prima per incidenza e tasso di saturazione terapie intensive al 60%), la provincia di Bolzano (Rt 1,96, 5° per incidenza, terapie intensive al 42%). Voci insistenti danno per zona rossa anche la Calabria, che però ha un Rt di 1.66, è ultima tra le regioni per incidenza e ha un tasso di occupazione delle terapie intensive del 22%. In bilico tra ‘rossa’ e ‘arancione’ la Liguria (Rt 1,54, ma seconda per incidenza e terapie intensive al 27%), ’arancione’ l’Umbria (Rt 1,67, 4° per incidenza, terapie intensive al 47%), la Campania, la Puglia. Possibile che a queste si aggiungano la provincia di Trento, il Lazio, le Marche (Rt 1,49, 14° per incidenza, tasso occupazione terapie intensive al 35%) e in bilico ma tendenti al ‘verde’ anche l’Emilia-Romagna (Rt 1.63, ma 13° per incidenza e terapie intensive al 25%) e la Toscana (Rt 1.41 e terapie intensive al 39%). Verdi il Veneto e le restanti. Tutto questo, sulla base dei dati del rapporto Iss pubblicato il 30 ottobre, ma decisivo sarà il prossimo, che non sarà pronto prima di domani.

Al ministero della Salute ribadiscono che l’inserimento in una categoria o l’altra avrà effetto per un minimo di due settimane, dopodiché sarà possibile essere "promossi" o "retrocessi" a seconda dell’andamento dell’epidemia. Sulla base di dati scientifici, si assicura, ma fino a che non verrà chiarito quanto pesa esattamente ognuno dei 21 criteri, il sospetto delle Regioni e non solo è che la valutazione sia anche "politica".

 

 

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