Morra e Scanzi: i moralisti sotto accusa. Il rigore è a senso unico: vale per gli altri

Il giornalista si fa vaccinare perché ha genitori "fragili" (e poi è a Merano in hotel), il senatore attacca il direttore di una Asl calabrese

Andrea Scanzi (Imagoeconomica)

Andrea Scanzi (Imagoeconomica)

È un fine settimana indimenticabile quello che abbiamo alle spalle. Ne faranno buon uso i posteri, presumo, per raccontare come l’Italia d’improvviso rimbecillì per affidarsi a una banda di improbabili moralisti. Infatti, tra venerdì, sabato e domenica, due portabandiera dell’onestà proclamata dal Movimento 5 Stelle, l’uno intellettuale (si fa per dire) d’area, l’altro eletto al Senato della Repubblica e presidente della commissione Antimafia, hanno scompostamente gettato la maschera.

Il primo si chiama Andrea Scanzi, ha 46 anni e si autopresenta così: "Da aprile 2020 sono il giornalista più seguito d’Italia sui social, con enorme distacco sugli altri". Il secondo è Nicola Morra, ha 57 anni e prima di entrare in politica (2011) insegnava storia e filosofia al liceo. Scanzi, per la verità non nuovo a figure di palta (il 25 febbraio 2020 sentenziò, berciando, che il Covid 19 "è un semplice raffreddore, non una malattia mortale"), venerdì s’è imbucato al centro vaccinale della Fiera di Arezzo.

E l’ha raccontata così: "Era una vaccinazione legale, autorizzata e che rifarei. Una vaccinazione per cui larga parte degli italiani avrebbe dovuto ringraziarmi. L’ho fatta in un momento storico in cui nessuno o pochi avrebbero voluto fare AstraZeneca (…) Essendo figlio unico e ’caregiver familiare’ avendo due genitori nella categoria fragili, avrei comunque potuto vaccinarmi grazie a un’ordinanza regionale (…) Ma mi sono comunque iscritto anche nella lista, fino a ieri solo verbale e non online, dei panchinari del vaccino. Tutto regolare, tutto alla luce del sole".

La spiegazione è arrivata domenica in diretta Facebook. Non da Arezzo, dove vivono i genitori del sedicente caregiver, ma da Merano, come ha scoperto Dagospia, dove Scanzi è andato a fare il detox in un hotel a… 5 stelle.

Morra, grillino duro e puro (ora è fuori dal gruppo, avendo votato contro il governo Draghi), anch’egli già protagonista di una figura di palta (disse che i calabresi avevano votato la forzista Jole Santelli pur sapendo che era ammalata di cancro e, quindi, peggio per loro), sabato scorso, accompagnato dalla scorta come un barone politico della Prima Repubblica, ha fatto irruzione negli uffici dell’azienda sanitaria di Cosenza. Furente, raccontano, perché due parenti ottuagenari non sono stati ancora vaccinati, ha apostrofato il direttore Mario Marino; ha detto ai cinque medici dello staff, tra cui due donne, che sono "incapaci"; ha chiesto alla scorta di identificare tutti i presenti; infine, ha telefonato al viceministro della Sanità, Pierpaolo Sileri (anche lui senatore 5 Stelle) e al commissario della regione Calabria, Guido Longo, per lamentarsi.

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Il vaffa day in miniatura del senatore è durato un’ora. Il povero direttore Marino ne è uscito a pezzi: s’è accasciato sul divano con dolori al petto e hanno dovuto chiamare un cardiologo per soccorrerlo.

Che lezione dobbiamo trarre dalle inaudite performance di questi due squadristi del moralismo in camicia gialla? Vengono in mente le ruvide parole di Indro Montanelli e Friedrich Nietzsche. "Conosco molti furfanti che non fanno i moralisti, ma non conosco nessun moralista che non sia un furfante", scrisse l’inarrivabile Indro. "Non resta altro mezzo per rimettere in onore la politica: si devono come prima cosa impiccare i moralisti", sentenziò invece il grande filosofo tedesco. Ecco, magari non impicchiamo nessuno. Però stavolta vaffa ai moralisti.