Draghi-Conte, la mediazione salta. Ora il governo va verso la fiducia

Non c’è intesa sulle modifiche al dl Aiuti. Lega, Fi, Ipf e Iv contrari alle concessioni promesse ai grillini

Migration

E così, il giorno dell’Armageddon è arrivato. Oggi pomeriggio, alle 16.30, il leader del M5s, Giuseppe Conte, salirà dal premier, Mario Draghi, in quel di palazzo Chigi per capire se ci sono i margini per restare al governo o dovrà uscirne. Prima, però, Conte convocherà il Consiglio nazionale, massimo organo politico del Movimento (14 membri), allargato ai comitati ‘facoltativi’, per 27 anime in totale. Quasi tutti i big tifano per il ‘leave’ (tre vice su quattro, un ministro su tre, un capogruppo su due) e pochissimi per il ‘remain’, per non dire la mitica ‘base’. A sera, Conte convocherà i gruppi del M5s in plenaria. Di solito, un leader politico che fa così la crisi vuole aprirla più che chiuderla. Eppure, una leggera brezza lasciava ben sperare.

Draghi-Conte oggi: vertice in corso. Le ultime notizie e la linea M5s

Draghi ha fatto di tutto per sminare il confronto. Il governo ieri, per tutto il giorno, ha evitato di far calare la mannaia della fiducia sul dl Aiuti, in discussione alla Camera e a rischio decadenza (il 16 luglio), dato che deve ancora andare al Senato. I lavori dell’Aula sono stati rinviati di ora in ora. La scusa? Il ritardo dei pareri sugli emendamenti (oltre 400, di cui moltissimi del M5s, una cosa mai vista: presentati da una forza di governo…). Si è andati avanti a colpi di riunioni di maggioranza, tra gli strepiti dell’opposizione. Si tratta di un decreto importante (15 miliardi di aiuti a famiglie e imprese), ma contiene tre norme indigeste al M5s: poteri speciali a Gualtieri per costruire nuovi termovalorizzatori a Roma; meno fondi al superbonus; e una sforbiciata alla misura totem del M5s, il Reddito di cittadinanza.

Il guaio è che l’atteggiamento soft verso le pretese a 5S ha fatto imbufalire gli altri partner di maggioranza. Lega e FI, ma anche Iv e Ipf, sono andati su tutte le furie con tanto di pressing su palazzo Chigi: "A noi certi favoritismi non sono mai stati concessi, si creerebbe una questione politica gravissima", sentenziano dalla Lega con Salvini sulle barricate anche sul dl concorrenza (al Senato) e i tassisti. A tagliare la testa al toro ci ha pensato la (tardiva) scoperta che la modifica, chiesta dai 5Stelle, alla norma sul superbonus non era possibile per il ‘no’ del Mef: mancavano le coperture (3 miliardi). Quindi, niente intesa, con il M5s che dice in tutte le salse: "Senza quella norma non votiamo il dl". A sera, il ministro ai Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, alza bandiera bianca: "Il governo ha dato la massima disponibilità all’accordo", ma niente da fare, non si è trovato.

Stamattina si finirà con il governo che mette la fiducia (si voterà, come da prassi, 24 ore dopo). Conte se la troverà nel piatto dell’incontro con Draghi e anche questo contribuirà a irrigidirlo. Senza dire che, sul piatto, c’è molto altro, come il quarto decreto di invio di armi all’Ucraina pronto che Conte vuole ‘parlamentarizzare’ e Draghi no. Enrico Letta, però, parla in serata, su La 7, e si dice ottimista: "Il Paese ha bisogno di stabilità e di un governo forte e solido per affrontare la crisi sociale. Credo che ci sarà un chiarimento".