Donne uccise, lo scrittore: ecco il ventre di Roma. "Alla sera qui è terra di nessuno"

Aurelio Picca: alle otto serrande abbassate e bar già chiusi, questa è una delle zone sottobosco del centro

Aurelio Picca

Aurelio Picca

Roma, 18 novembre 2022 - Un fiume in piena Aurelio Picca, 62 anni, scrittore fra i più influenti della sua generazione, che conosce la capitale come le sue tasche anche se vive nella campagna di Velletri. Ma la Roma sudata e "distrutta", come dice il titolo di un suo fortunato romanzo del 2018, quella violenta e criminale ce l’ha dentro anche se rifugge il titolo di giallista: "Sono un mappatore di eventi" preferisce definirsi.

Donne uccise a Roma: cosa sappiamo. Ipotesi serial killer

Ieri Roma si è svegliata nel sangue: sconvolto da questi fatti?

"No, la città può essere violenta, dalla fine degli anni Sessanta lo è stata. Il primo delitto di una serie che poi negli anni successivi sarà assai frequente è quello dei fratelli Silvano e Gabriele Menegazzo, 23 e 19 anni, rapppresentanti di gioielli, crivellati da una banda in mezzo a una strada del Nomentano, quello fu il vero punto di svolta della Roma criminale".

Della possibilità che a Prati abbia agito un serial killer che cosa pensa?

"Io amo la geografia e se ragioniamo con quella vediamo che si tratta della stessa zona e quindi si può ipotizzare anche della stessa mano. Il problema è che quello è un territorio molto complesso, il confine buio di un quartiere tutto lustrini come Prati".

In che senso?

"Si tratta di una di quelle zone che io indico come sottobosco, dove le serrande calano alle otto di sera e dopo non c’è più neppure un bar aperto; invece di essere quasi in centro sembra sia la borgata Fidene. Per carità, le luci di un bar non è che servano a salvare il mondo, ma almeno possono intimidire chi vuole delinquere".

Certo, pensare a Roma e a luoghi deserti sembra quasi una contraddizione…

"Ma non la è: la Roma odierna è divisa fra le zone delle serrande chiuse, fra cui rischia di inserirsi Augusto Imperatore dove chiudono i locali, e quelle strangolate dalla movida e dal turismo. È difficile che una cosa come quella di cui stiamo parlando possa accadere a Trastevere o a Monti, a Campo dei Fiori o a Testaccio e Ponte Milvio: il presidio della gente dà sicuramente maggiore sicurezza".

Le vittime, due «massaggiatrici» cinesi e una escort colombiana, danno un segnale su un possibile autore unico?

"Della follia dell’autore certamente, sicuramente un pazzo, forse un concorrente nelle loro attività, certo una persona che in questi terribili anni ha subito un trauma".

Di che tipo?

"Dal Covid siamo usciti tutti psicopatici, la malattia e la chiusura sono state tremende per le menti fragili. Poi la guerra alle porte di casa che ha portato le difficoltà economiche che sappiamo; la burocrazia che ti costringe ad attese infernali; il lavoro che manca. Tutti elementi che guastano le persone deboli che si lanciano in gesti folli".

Gesti difesi dal buio…

"Certo e dall’ipocrisia".

Cioè?

"Tutti sanno che dietro i centri di massaggio cinesi si nascondono case di appuntamento. La politica non ha capito che in barba alla legge hanno riaperto? E una volta le prostitute erano in strada: certo uno spettacolo indecente per chi passava di là, ma qualcuno non guadagnava da affitti di stamberghe che si sa a che cosa servono. Io sono un difensore delle forze dell’ordine, ma bisogna dargli i mezzi per intervenire prima".

Il triplice omicidio può essere stato commesso dalla criminalità organizzata?

"No, magari si sarebbe limitata a darti due colpi in testa. Il controllo criminale spesso è superiore a quello legale e le cose che fanno troppo rumore non sono tollerate da chi delinque per professione".

Quindi si torna ai gesti di una sola persona, un serial killer a sua insaputa…

Un pazzo come tanti che girano in questo periodo, magari esasperato perché aveva fatto la fila alle Poste, o perché ha problemi sessuali che ha scaricato su chi non ha saputo procurargli piacere. La razza diversa delle vittime fa scartare l’esecuzione etnica".

Perciò un assassino fuori della «cultura» della mala romana?

"Sì, frutto della globalizzazione. La Roma criminale è una cosa molto più seria".