Con gli azzurri tornano gli abbracci. Ma il virus della paura non ci lascia

La pandemia e il dramma di Eriksen sono quegli imprevisti che rischiano di rovinarci la festa (e la vita)

La paura dei tifosi della Danimarca per il dramma di Eriksen

La paura dei tifosi della Danimarca per il dramma di Eriksen

Gli Europei di calcio dovevano segnare il ritorno alla normalità. La partita inaugurale, con la vittoria della nostra Nazionale sulla Turchia, ha regalato agli italiani un momento di aggregazione dopo un anno di chiusure e distanziamenti. Ma ciononostante non ci siamo liberati del tutto dalla paura e dalla sfiducia. E il drammatico malore in campo del danese Eriksen – che per fortuna si è ripreso – ha fatto ripiombare nella paura e nell’incertezza portate da un anno di Covid.

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Straniti e contenti, gli italiani venerdì sera hanno re-iniziato a stare insieme. Ma il calcio, come una grande metafora della vita, ci ha ancora sorpreso. E dopo la festa c’è stata l’apprensione in diretta per il malore a un giocatore amato anche in Italia, Christian Eriksen. Dramma e festa si alternano. È stato bello ritornare a guardare insieme la partita, dopo mesi dove ’assembrarsi’, riunirsi era illecito.

Eppure l’altra sera, mentre la Nazionale asfaltava la Turchia, la gioia aveva due facce. Da una parte la gioia di trovarsi insieme, in una piazza come noi a Ferrara al Festival della Fantasia finito proprio con la partita, oppure su balconi, in stabilimenti balneari, bar. Dall’altra un lieve impalpabile ma presentissimo sentore di fare una cosa al limite, un assembramento, che domani potrebbero rinfacciarci. Insomma, contenti ma sospesi in una specie di limbo. Abbracciarsi per il gol di Insigne oppure no? Il mio compagno di tifo – parola già sospettabile – è forse un potenziale untore?

Abbracciare uno sconosciuto gridando "evvaiiiii!", oppure scambiarsi solo un sorriso idiota di compiacimento? Più che abbracci, abbiamo visto dissertazioni: "Oh perfettamente equilibrato l’assist di..." oppure "le fughe di Spinazzola rispetto a quelle di Zambrotta...". O ancora "il fuorigioco era netto". Gesti trattenuti, a parte i soliti ragazzacci, canaglia che invece si abbraccia.

Forse questa diventerà la nostra nuova condizione? Il malore di Eriksen ha ricordato, se ce ne fosse bisogno, che la vita non è solo trovarsi a far festa o aperitivi. Nella storia, il popolo ha assistito affollandosi a un sacco di spettacoli.

Il potere di ogni tipo ha cercato l’apoteosi davanti a folle assiepate. Dalle adunate nei circhi antichi fino al processo a Gesù. Da piazze Venezia alle parate militari naziste o comuniste. E i "contropoteri" lo stesso, dai discorsi di Martin Luther King alle Giornate della Gioventù di Giovanni Paolo II. E poi comizi o concerti, proteste o flash mob.

Insomma, il radunarsi è sempre stato uno dei linguaggi della storia umana. Sperimentarlo di nuovo, in una occasione di festa come ieri è stato doppiamente strano. Ci mancava, ma al tempo stesso ci è venuto il sospetto che no, non sarà più lo stesso. Accade a volte anche negli amori. Qualcosa succede, e nonostante tu faccia le cose di prima, senti dentro che non è più come prima.

E qui viene, a mio avviso, la parte micidiale di quel che viviamo. Più ancora che i vaccini ci è stata inoculata una smisurata dose di sfiducia sospettosa. E questa ha effetti lunghissimi.

La pandemia ha reso credibili molte cose incredibili fino a poco fa (coprifuoco, distanziamenti). Ha cambiato senso a molte locuzioni (lockdown, che è chiusura da prigionieri) e rovesciato il significato di molte parole (il portatore sano è ora malato asintomatico).

E ha reso non credibili, per troppe contraddizioni, alcune cose che si presentavano credibili, ad esempio una certa ’scienza’, i media e anche le istituzioni. Dunque non ci hanno tolto l’abbraccio, ce lo ridaranno, non è il problema. Gli italiani, tra piazze e bagnini, hanno voglia di abbracciarsi, di sentire l’altro parte di sé. Il problema è che ci hanno tolto un bel po’ di fiducia, di slancio. Non bastano gli abbracci, bisogna avere fiducia e apertura verso l’altro.

Non ci dovremmo abbracciare solo perchè ’sicuri’ di non ammalarci, ma perchè senza di te io non sono io, anche a rischio della salute e di guai. Lo dimostra l’imprevisto Eriksen. Se no, l’abbraccio è finto. E gli abbracci finti, come gli amori finti, sono tristi come l’inferno.