SAN BENEDETTO SUL PO (Mantova), 23 FEBBRAIO 2014 - NELLE campagne c’è un ponte (piloni e cinque campate, cemento e acciaio) fatto per non essere percorso. Mai, dagli anni ’60 a oggi, ha permesso ai mezzi pesanti di oltrepassare il Po. Ora che il sisma del 2012 lo ha avvitato su se stesso arriva il progetto da trenta milioni di euro. Strutture avveniristiche e due soli archi. A finanziarlo, intervento d’urgenza, la Regione: ma quasi un terzo se ne andrà con l’Iva. E non sarà, in ogni caso, il ponte definitivo. Un ponte che s’ha da percorrere. Più o meno. è quello che la Provincia ha in mente a San Benedetto sul Po, cittadina del Polirone da settemila abitanti. Nel pieno delle campagne mantovane, sonnacchiose sulle rive sabbiose del fiume, uno snodo tra nord e sud, Lombardia, Veneto ed Emilia. E tra gli argini c’è un ponte che mai, nemmeno al varo, è stato in grado di portare i carichi pesanti da una sponda all’altra.
La sfortuna, forse, è tutta nella storia di quelle pietre che ancora adesso, sul fondo limaccioso del Grande Fiume, continuano a sostenerlo. Era il 1983 e tra Bagnolo San Vito e San Benedetto Po, propaggini meridionali dell’impero mantovano, con le pietre ricavate dalla demolizione del vecchio ponte di Cremona si costruiva il nuovo valico sul Po. Duecentosettantotto metri, per un piano carreggiabile da quasi sei. Prima di allora il ponte era una passerella su una manciata o poco più di barche. Un passaggio sulle chiatte: Mantova, grata, lo ricorda poco distante. A Torre d’Oglio, dove resta l’ultimo passaggio flottante della provincia.

IL PONTE attuale risale agli anni sessanta. Piloni infissi nel terreno e travi tampone, appoggiate sugli stessi pali. Mirabile opera d’ingegno umano e operosità Anas. Una struttura degna dei tempi, ma che di fronte al costante sciabordio della corrente presto cedette e si assestò malamente. I piloni, soprattutto quello al centro dell’alveo, si adagiarono a malo modo sul fondale. «L’Anas, proprietaria del ponte — spiega Antonio Covino, servizio ponti provinciale — decise allora una complessa opera di ristrutturazione: grandi quantità di cemento furono utilizzate per pareggiare i punti più bassi degli impalcati». Tutto tornò perfettamente piano: ma l’imponente peso aggiunto non fece altro che indebolire ulteriormente la robustezza statica del ponte.
Con i 5.9 gradi Richter del maggio 2012 è venuto il colpo di grazia. Già cinque mesi prima ai due capi erano stati installati varchi che limitavano il passaggio ad auto e piccoli furgoni. Da allora il traffico dei mezzi pesanti, dagli autobus di linea a salire, è interdetto. E, adesso come allora, sulla sommità delle arcate i tronconi stradali cozzano e si impennano. Complice Regione Lombardia, ed un emolumento da trenta milioni di euro, sul tavolo è arrivato il progetto di un avveniristico nuovo ponte. Ma l’imposta sul valore aggiunto, di quei trenta milioni, già ne porterà via sei. Il ventidue per cento.

QUELLO che rimarrà, dicono ora da palazzo di Bagno, sede della Provincia mantovana, basterà a malapena per rattoppare il passaggio. E per realizzare due corsie di una ciclopedonale. Che, però, si aprirà e finirà prima di sbarcare sulle golene.La struttura del nuovo ponte sarà realizzata in acciaio, e almeno inizialmente sarà sorretta da castelletti metallici che si appoggeranno sui basamenti realizzati nel 1964 dall’Anas. Eretti in vista di un raddoppio della struttura, mai per altro realizzato. Ma anche in questo caso i tecnici mettono in guardia: nemmeno questi sono estranei ai problemi statici già patiti dal ponte.
Ventiquattro mesi di lavori e il ponte tornerà ad essere percorribile da mezzi pesanti. 2017. Ma «non sarà il ponte definitivo», come ha ammonito il presidente della Provincia Alessandro Pastacci. Le finanze non permettono l’intervento risolutivo.

di Giulio Cisamolo